And so we’re back…

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Foto di repertorio: l’inizio della settimana perfetta, il look torna di moda in tempi di pandemia

Ci voleva forse una pandemia che ci ha costretti in casa per tornare a scrivere qualcosa dopo decenni, o forse bastava l’sms che mi informava del rinnovo del dominio e del pagamento di esso. E allora tanto vale provare a scrivere due cose su ciò che è stato nel corso degli ultimi anni, su ciò che è nel corso delle recentissime settimane e forse su ciò che sarà nel breve futuro.

Domani qui in Lombardia comincia quella che viene definita Fase2, o meglio conosciuta come Fase a cazzo di cane (guardatevi Boris su Netflix, se non l’avete mai fatto, e poi andate dove è andato il ragazzo), e dopo un paio di mesi tornare a correre sarà una liberazione; non che negli ultimi anni sia stata una occupazione costante come lo era ai fasti degli Spilli, anzi, negli ultimi anni è stato un evento episodico, qualche uscita da solo, qualche uscita in compagnia, qualche proposito, una maratona a New York assolutamente non preparata a dovere e camminata per quasi la metà del percorso, qualche altra gara a caso in giro per l’Europa, due mesi seri non portati a casa e poi un po’ di ripresa in questo Febbraio. Bene, dall’8 Marzo finito tutto, non è stato per forza un dramma, ma ora ho una voglia di riprendere, e domani lo farò.

Il podista mascherato torna, con il buff come compagno più o meno gradito, la solitudine del mezzofondista, come dicono i Belle and Sebastien e un po’ di libertà, perchè di questa te ne accorgi di più quando non ce l’hai.

Non lo leggerà nessuno, ma almeno un piccolo riassunto di questi ultimi 4(?) anni lontani dal blog li faccio:
sono arrivato a superare la mia prima maratona di vita, e l’ho festeggiata con due traguardi un tempo incredibili e inavvicinabili, è nato mio figlio, alla vigilia di Santa Lucia, un patato bello, sorridente, che riempie le giornate d’amore, anche quelle vissute esclusivamente in casa, rendendole uniche come non sarebbe potuto succedere senza di lui. E lui ha potuto assistere alla cerimonia di laurea del suo papà, del sottoscritto, giusto la settimana prima che chiudessero ogni scuola qui in Lombardia. La conclusione di un cammino iniziato mentalmente nel Maggio/Giugno 2016, l’idea di iscriversi nuovamente all’Università, ampliare conoscenze, abilità e competenze nell’ambito delle scienze motorie, iniziato fisicamente con il test di ingresso nell’Agosto 2016 e compiuto in 3 anni di studi, di prove, di nuove conoscenze e amicizie (con ragazzi 20enni, è stato bello confrontarsi con loro, conoscerli, spingerci a migliorarci, ognuno portando il suo bagaglio di esperienze).

Adesso è giusto porsi nuovi obiettivi, nella vita, e anche nella corsa. Tornare a uscire, un allenamento per volta, riprendere a scrivere, riprendere a gareggiare, crescere personalmente e insieme alla compagnia di vita.

Se vorrete potrete tornare a leggermi, a leggerci. Anche questa è una Fase 2.

 

Non ci sarò…

Il pettorale è rimasto là, non sono nemmeno andato a ritirarlo, non avrebbe avuto senso. In questo momento quasi mi irrita vedere la gente che corre, è solo invidia la mia sia chiaro, ma quando non puoi correre tu, vorresti che nessun altro lo possa fare.

Ho provato a non dare retta, come sempre, alla vocina del mio ginocchio che insiste da anni a non farmi correre ma stavolta ha vinto lui. Anche perché qua si parla di maratona e con la regina delle corse  non si scherza. Troppo il dolore, quello fisico si intende, si fa sentire gia al primo passo, intenso e non sopportabile. quindi fin troppo facile la scelta di lasciare stare. La cosa che mi preoccupa è che, anche se piccolo, dovrò con molta probabilità dover effettuare ancora un intervento al mio ginocchio, sarebbe il 4°, giusto per legittimare il nome di questo blog.

L’unica cosa positiva è che in fondo io oltre che runner sarei (forse meglio dire “ero”) un triatleta e il mio ginocchio mi ha concesso di poter fare gli altri due sport(il nuoto e la bici), quindi mentre agli altri Spilli (Cek,Tommy e Lello) sale la tensione pre gara(cavolo se mi manca quella sensazione), io mi rilasso con una bella uscita in bici…

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Lago d’Iseo

Comunque domani è vero non ci sarò a correrla fisicamente, ma sarò comunque sul percorso e la correrò mentalmente con gli altri Spilli, cercando di farmi trovare puntuale al 21°Km per passargli i gel… a proposito fatemeli preparare nello zaino prima che me li dimentichi a casa!!!

In bocca al lupo Spilli…

…e a tutti quelli che domani alle 9:30 partiranno per la loro grande avventura chiamata MARATONA

BaKo

 

Room – Una storia di resilienza

AVVERTENZA: Racconterò parte della trama del film, se non volete saperne nulla non leggete questo articolo. Per me la visione del film è stata anche più piacevolmente forte per il fatto che non conoscevo quasi nulla della storia.
Per chi non ha paura di spoiler, o ha già visto il film, andate pure avanti a leggere!

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Di solito sui blog di corsa si scrive di libri, di canzoni, di film che però hanno come tema la corsa, lo sport, e da questi si prende spunto per trovare motivazioni. Si legge Murakami, o “Correre con il branco” di Mark Rowlands, ci si esalta con Rocky o si usa la frase Corri Forrest corri…
Poi ci sono i libri di Trabucchi sulla resilienza, e molti altri che io non ricordo in questo momento ma che sicuramente i più appassionati sapranno citare con buona memoria.

Room invece di corsa non parla quasi per niente. Come potrebbe farlo, soprattutto nella prima parte che si svolge tutta in una piccola stanza, che per il 5enne Jack equivale a tutto il mondo. Ecco, Room è una storia d’amore principalmente, o almeno è quello che ci ho letto io. Una storia d’amore resiliente, con tutta la forza di una mamma che in un dramma incredibile trova il modo di crescere per 5 anni il suo bambino, chiusa in 4 mura. Una forza totalmente intrinseca, come spesso sono le motivazioni che ti portano a compiere azioni che svelano tutte le tue risorse.
Non voglio essere mieloso, il film è bello, commovente, c’è una Brie Larson bravissima e giustamente premiata con Oscar e Golden Globe, e un attore-bambino che riesce a non essere fastidioso, io non sopporto il modo di recitare dei bambini che sembrano dei piccoli adulti. Anzi, Jacob Tremblay è bravissimo a mostrare come l’immaginazione dei bambini possa sopperire ad alcune mancanze (questa è una lezione che noi adulti spesso ci siamo dimenticati). Voglio solo dire che in alcuni degli ultimi allenamenti, e mi riferisco in particolar modo ad alcuni lunghi prima della Milano Marathon, il pensiero di questo film, il ricordo mi hanno spinto a trovare la voglia di correre, a far passare 28 km e 2 ore solitarie nella pioggia con il piacere di essere all’aria aperta (guardate il trailer del film, o se avete visto il film provate a ripensare al momento in cui per la prima volta Jack vede direttamente gli alberi e il cielo senza essere chiuso, avete mai corso qualche attimo guardando in alto?). Sono convinto che anche nel lungo da 33km di domenica, l’ultimo prima del 3 aprile, penserò ancora a qualche scena del film.

Poi, se vedrete il film, e vi piacerà, potete fare come me che ho anche iniziato il libro
Se avete anche altri film, o libri o canzoni che vi motivano, scriveteli! “Motivations only real when shared!” 😉

M.

Frisco’s too much for me to bear

Ci sono delle volte in cui il down seguente ad una fase particolarmente piacevole della vita ti fa interrogare su quanto valga la pena godere delle cose belle.

Da quando sono tornato dal road trip nella west-coast degli Stati Uniti il pensiero è stato spesso di quanto sia stato bene in quelle due settimane a confronto con la monotonia e la solitudine del presente. Ho messo in disparte la corsa, ho visto pochissimo i miei amici, per impegni miei, per le loro vite, e devo dire che il periodo era di colore grigio. A differenza delle settimane prima in cui il cielo era sempre azzurro, come il mare di Santa Monica, o La Jolla (odori a parte). E correre nel grigio della pianura padana non era emozionante come farlo nei pressi del Golden Gate immerso nella foschia mattutina.
Quelle in realtà è stata l’unica corsa seria fatta in terra a stelle e strisce, poi la pigrizia delle vacanze, i 3100km percorsi in macchina in 9 giorni non mi hanno permesso di continuare il programma che Huber aveva in mente per me per la fine dell’anno. Saltati i propositi di Pisa a Dicembre, saltati gli obiettivi di scendere sotto l’ora e 25′ sulla mezza maratona, saltato tutto.
E in tutto ciò, qualcuno mi superava nei tempi, finalmente, e io rimanevo in disparte.
E’ passato un po’ di tempo, l’anno è diverso, sono contento di aver finalmente ritrovato il tempo per uscire la sera, con Tommi e Stenfano, anche se poi quando vado a correre con loro mi domando chi me l’abbia fatto fare.
Anche oggi all’ora di pranzo il nostro allenamento, anzi, il loro allenamento che prevedeva 3x2000m + un 600m finale è diventato più o meno il mio. Tommi ci ha lasciati per una contrattura in fase di riscaldamento (incrociamo le dita), Stenfano ha sopportato da solo la fatica dell’allenamento, io che non ho un programma mio adesso ma devo rimettermi un po’ in carreggiata sono andato ad cazzum, ho fatto un 2000 abbastanza bene, ho sentito una fitta al quadricipite intorno ai 400m della seconda ripetuta, mi sono fermato 100m dopo e ho ripreso con due 1000m sui 3’45″/km per finire con un 600m in 2’05”, bene tutto sommato.
Non so, non sto faticando, ma sento di non avere grande fondo nelle gambe, Milano è vicina, Lunedì ho ancora appuntamento al Marathon Center con Huber per una tabella, penso di puntare a stare sotto le 3h10′ a Milano e soprattutto a mettere fieno in cascina per poi raccogliere tutto nella seconda metà dell’anno.

Nel frattempo ci sono state due gare, era un po’ che non indossavo un pettorale, e sebbene la prima a Magenta sia stata corsa solo ufficiosamente per problemi di tesseramento e certificato medico, a Verona finalmente ho avuto una mia classifica sulla mezza maratona. Era da Ottobre che non correvo più.
Ho fatto da pacer, ancora, a Marco… era da tanto che aveva messo in calendario la StraMagenta, con il chiodo fisso di andare sotto i 42′ sui 10k.

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Gemelli Diversi

Il ragazzo era da disciplinare, ma il risultato è stato ottimo, 41’06” per lui e se non avesse voluto strafare all’inizio, saremmo andati anche sotto i 41′. Ma va bene così, i risultati si raggiungono gradualmente. Mattia ci ha dato una mano, lui è sempre presente!

E poi c’è stata Verona, corsa insieme, ognuno al suo passo, noi spilli e il Sarzanas Running Team. Verona è sempre piacevole per me (Wings for life 2015 a parte), non so cos’abbia di tanto speciale, ma non c’è una volta in cui non mi sia divertito a correrla. Sarà l’arrivo all’arena, sarà il farsi la doccia nel palazzetto che ha visto i successi della Glaxo di Henry Williams, stona quasi il fatto che alcuni scorci somiglino sinistramente alla Firenze Marathon (che è il mio incubo podistico sui 42km) eppure qui sono sempre soddisfatto del mio risultato. 1h27’02”, fatti quasi senza troppa fatica, a parte intorno al ventesimo km quando le gambe non avevano più alcuna voglia di muoversi e hanno proseguito per inerzia giusto per godersi il passaggio all’interno dell’Arena.

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In giallo a metà dell’inquadratura. Dietro di me, in rosso, Hristo Stoichkov.

Quindi forse il modo migliore per riprendersi dopo un viaggio, per non crogiolarsi nella malinconia è darsi da fare, ricordare il bello di Los Angeles, sognare di tornare presto a fare un road trip (i 40 anni sono alle porte) e nel frattempo andare avanti con nuovi obiettivi, nuovi impegni, personali ma cercando sempre la giusta compagnia, perchè, come già scrivevo tempo fa, happiness only real when shared

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Pizza buona. Medaglia rivedibile.

 

 

A volte ricomincia…

Di cosa stiamo parlando? Ovviamente del famoso e odiato “Piano di allenamento” per poter arrivare in condizioni, spero decenti, alla Milano City Marathon.

Ormai manco da troppo tempo alla partenza di una qualsiasi competizione, pensare che l’ultima volta in cui mi trovavo ad una gara era forse all’evento sportivo più importante della mia vita. Doveva essere l’inizio di una serie di nuovi stimoli e nuove sfide, invece, complici drastici cambiamenti nella mia vita, mi sono ritrovato a corricchiare ogni tanto, zero voglia di fare fatica, la bici chiusa in cantina e la piscina lontana dai miei interessi.

Ma non sono fatto per stare sul divano e quindi preso da un momento di coraggio (i 5kg di peso messi su in questo periodo mi hanno aiutato ad averne) mi sono iscritto alla gara che di più odio al mondo: La Maratona.

Qui nasce spontanea la domanda: “Ma perchè?”

Ovviamente non ho una risposta

L’unica cosa che so è che mi sono preso questo impegno e quindi è giusto rispettarlo. A differenza di tutte le altre volte però ho bisogno di qualcuno che mi obblighi a farlo e quindi mi affiderò ad un “Piano di allenamento”. La cosa giusta, come altri Spilli e atleti seri fanno, sarebbe quella di rivolgersi a centri specializzati, ma l’idea di farmi insultare da un essere umano nel momento in cui salterò qualche allenamento non mi ispirava. Quindi dò fiducia a quello che My Asics mi consiglia, forse perchè mi fa partire veramente piano e in questo momento ritengo sia la cosa migliore.

Mamma mia che scansafatiche che sono diventato…ma la speranza che la voglia di far fatica torni c’è, quindi diamo inizio a questa nuova sfida.

Comunque qualsiasi consiglio su quale programma applicare alla preparazione di una maratona è ben accetto, quindi non fate i timidi, dita sulla tastiera e scrivete

BaKo

Traguardi Emozionali

E dos! E solo nel giro di due settimane…

Con ordine:

8/11/2015: Maratona di Ravenna: incredibilmente facili i primi 21 km, meno dal 28° al 35°. Ancora in spinta dopo il 35°. E pazienza per quei 25″ di troppo…

22/11/2015: Ultra K Marathon: solo 15 giorni settimane dopo, 50 km su e giù dall’Appennino parmense. Gara paesaggisticamente magnifica e maledettamente dura. Come esordio, gestione gara e clima non si poteva chiedere di meglio.

Proprio vero che dove non arrivano le gambe, arriva la testa e il cuore…

Il pianto liberatorio è ciò che unisce entrambe; da Ravenna, torno consapevole di potercela fare, magari allenandomi meno, ma capace ancora una volta di più di saper soffrire; da Salsomaggiore, torno con la voglia di riprovarci a Seregno, perché tutto sommato mi sono divertito incredibilmente.

Ma c’è qualcosa in più…

C’è che la corsa mi sta permettendo di passare qualche momento con chi ora sta leggermente più lontano da me, logisticamente parlando; anche solo seguendomi, per 50 km, in bici, in salita e in discesa, al freddo e senza guanti, su per Vigoleno e giù dal Valico di Sant’Antonio.

Per questo ed altro ancora, grazie!

Ed è solo l’inizio…

Benvenuta Ultra!

L.

 

We run Lodi together – Pacer alla Laus Half Marathon

Far vincere la pigrizia e non scrivere nulla sulla prima edizione della Laus Half Marathon, oppure onorare un evento che aspettavo da tanto tempo in quel di Lodi?
Ormai sono qui, non posso non scriverne, non sarà l’articolo più bello, più interessante che leggerete qui però è un’occasione che non mi posso lasciare sfuggire.

Così come non mi ero lasciato sfuggire l’occasione, un’altra volta, per dare un senso sportivo e non solo ad una gara che non aveva nessun obiettivo cronometrico particolare. Mi sono lasciato prendere da questo ruolo di pacer, dopo la Deejay Ten anche qua a Lodi dovevo puntare a rendere la corsa più semplice per gli altri, che dover pensare a me.
La fatica, quando si fa il pacer, non è fisica, o per meglio dire, quella passa in secondo piano, la fatica è tutta mentale, è la necessità di adattarsi alla situazione. Partire con un passo, correre il primo km a sensazione, spesso più veloce del passo che si dovrebbe tenere, e poi da quello, un km alla volta è un continuo adattamento, al percorso, alle persone che ti trovi al tuo fianco, e ad un certo punto quando il tuo corpo inizia ad essere meno fresco devi cercare risorse che sai di avere ma non sempre trovi.

Forse la parentesi da pacer in questo momento si richiuderà, adesso ho un nuovo programma, passato un mese da Berlino, ho nuovi obiettivi vicini e finora mai raggiunti, questa parentesi mi è servita nel mantenermi caldo e pronto e per ricaricare le energie. Ma mi è piaciuta molto e, senza alcuna falsa modestia, sono stato così preciso da farmi venire voglia, in futuro, di rifarlo. Alla fine essere d’aiuto per qualcun altro, aiuta anche me e mi fa stare bene.
Dovevo fare 50′ alla Deejay Ten e ho portato qualcuno a fare il suo primato a 49’59”, dovevo stare nell’1h29′ questa volta e con Lorenza e Pierpaolo, altri due pacer, abbiamo portato un buon numero di podisti sotto il muro dei 90′. E tra questi anche lo spillo Samuele, che ha chiuso in 1h29’29”. Meglio di così!!??!?

Pacer che vincono non si cambiano. Anche se qualcuno è Xplesso.

Pacer che vincono non si cambiano. Anche se qualcuno è Xplesso.

E poi che bello è andare in bici alla partenza, tornare in bici e fare la doccia a casa propria 5′ dopo il ristoro e la consegna della medaglia?
E’ stata una bella gara, sulle strade di casa, questa volta con un pettorale e in compagnia di altri 1200 podisti, meglio non poteva andare.

Adesso aspettiamo l’anno prossimo, la podistica San Bernardo saprà come rendere ancora migliore la bella esperienza di quest’anno!

M.

P.S.: Noi pacer abbiamo corso la gara con la maglietta gialla dei Podisti da Marte, per ricordare il presidente marziano Fabrizio Cosi. Che la terra gli sia lieve.

A scoppio ritardato – Della mia 42 BMW Berlin Marathon e di 3 giorni berlinesi

Anschluss

Anschluss

C’è stato un momento quasi un’ora dopo la fine della maratona in cui le emozioni contrastavano particolarmente, percorrevo Unter Den Linden in direzione opposta rispetto alla gara e a distanza vedevo gli altri runner che si apprestavano a oltrepassare la porta di Brandeburgo poco dopo le 4 ore di gara; tra me e me pensavo che la maggior parte di loro stava concludendo felicemente la loro fatica, stavano assaporando tutta la gioia dei loro 42km abbondanti, mentre io un po’ mi sentivo deluso, per non essermi goduto il passaggio lì sul rettilineo finale, per il mio tempo finale di 3h03’06” dopo aver cercato per quasi tutta la gara di rimanere attaccato all’idea di scendere nuovamente sotto la soglia delle 3h.
Ecco, in quel momento di strana delusione si faceva strada la vera emozione per aver completato la gara, per avere al collo la medaglia, la settima di una maratona, e la commozione totalmente assente sotto il traguardo incominciava a fasi spazio insieme agli occhi un po’ più umidi.

Avessi corso gli ultimi 2 km sotto i 4'/km ce l'avrei fatta...

Avessi corso gli ultimi 2 km sotto i 4’/km ce l’avrei fatta…

Com’è stata questa BMW Berlin Marathon? Bella! Non bellissima, un po’ perchè ho sempre negli occhi l’indimenticabile esperienza della Chicago Marathon, un’insieme inarrivabile di gioia, soddisfazione, riuscita sportiva e molto altro, che forse ricercavo dopo due anni in questa seconda World Marathon Major da inserire nel curriculum di maratoneta. E’ organizzata bene, si respira l’atmosfera di gara, ma l’entusiasmo americano rispetto alla compostezza tedesca è di un livello per me superiore.

Il legsie finale #nomorelegsie

Il legsie finale #nomorelegsie

Durante la gara ricordo con vivido dettaglio una tifosa con cappotto rosso, stagliarsi nella folla di sostenitori (e il pensiero inevitabilmente va a qualcosa di totalmente diverso come Schindler’s List, ma non stiamo a dilungarci a riguardo), ricordo che i bambini erano un po’ timidi, in pochi allungavano le loro mani per ricevere il nostro 5, e io , quando potevo allungavo brevemente le traiettorie per il giusto saluto, i cartelli scritti in tedesco purtroppo non facevano un effetto di spinta, come avrebbero potuto, se fossero stati da me decifrati, anche questo ha reso la mia esperienza più fredda, avrei dovuto studiare il tedesco forse. Comunque ho corso bene per almeno 32/33 km, ho tenuto sempre un buon ritmo, partendo piano, con un primo km in 4’25” per poi stare sempre sotto i 14km/h, correndo i 5km in 21′ abbondanti, come da tabella di marcia. Le gambe erano ok, anche se ogni tanto qualche segnale differente arrivava, che io cercavo di evitare assumendo qualche integratore; la sensazione di fatica però era bassa, di sicuro minore ad esempio rispetto alla mezza maratona di Monza di sole due settimane prima, corsa solamente 15″ più veloce della prima metà gara a Berlino. La testa viaggiava bene, forse sognando un po’ troppo ad occhi aperti, ma trovavo che fosse un buon modo per rimanere fisso sull’obiettivo.
E queste sensazioni continuavano durante la prima parte della seconda metà di gara, fino a che, appunto al km 32 qualcosa un po’ iniziava a cambiare, ricordo un po’ a spanne che mi perdevo mentalmente qualche km, forse proprio al km 32 credevo già di essere al 33, mentre così non era, e ogni passo si faceva più pesante e il ritmo più lento. L’idea era quella di provare a rimanere intorno ai 4’25″/km e vedere come finire, il gps segnava centinaia di metri in più, la media era sballata e la testa non riusciva più a fare conti di una certa complessità. Ancora adesso non so quando ho perso del tutto la possibilità di ottenere il risultato perfetto, so solo che tra 39 e 40 ho capito che mi bastava finire, cercando di non perdere tutto il lavoro svolto. Al cartello dei 40 ho deciso che camminare un attimo invece di correre non sarebbe stata un’onta, per poi ripartire quasi subito, e lo stesso sarebbe avvenuto sempre tra 40 e 41, appena prima di girare verso Unter Den Linden per il lungo rettilineo finale. Qui, mentre camminavo vicino al marciapiede e alla gente un signore mi ha chiamato per nome e mi ha detto in inglese di non mollare e riprendere a correre, che era finita. Gli ho risposto, in italiano, “sì, adesso vado…” e ho trascinato un passo dietro l’altro, ho svoltato a sinistra, ho corso piano, chiuso in me stesso, senza vedere nè sentire nulla, ho intravisto l’ombra della porta di Brandeburgo, ci sono passato sotto senza provare alcuna emozione e dopo il cartello del km 42 ho sperato a ogni passo che la fatica non bloccasse la coscia, punta con uno spillo ad ogni movimento, doversi fermare senza la possibilità di muoversi a 50 metri dal traguardo sarebbe stata una beffa atroce. Il traguardo però era vicino e appena superato quello ho potuto fare nuovamente due passi camminando e fermarmi un attimo, bere, coprirmi, ricevere la medaglia, abbracciare una attempata volontaria e pensare che non ricordavo quanto fossero lunghi 42 km di corsa e che non avrei mai voluto più sentirne parlare per sempre. Poi però arriva il giorno dopo… e la voglia di riprovarci è ancora più intensa.

Per scaramanzia non sono mai passato sotto la porta fino agli ultimi metri di gara. Però poi mica mi sono goduto quel passaggio!

Per scaramanzia non sono mai passato sotto la porta fino agli ultimi metri di gara. Però poi mica mi sono goduto quel passaggio!

Sono stati 3 bei giorni berlinesi, giorni in cui in realtà non ho fatto nulla che un turista avrebbe fatto, ho poltrito, ho passeggiato poco, ho conosciuto gente in ostello, tanti maratoneti, due maratoneti italiani residenti all’estero, Giuseppe e Mario con cui ho condiviso i momenti prima della gara e la seconda birra alcolica post-maratona, non mi hanno rubato incredibilmente il bagaglio, a differenza di due miei compagni di camera, ho l’entusiasmo che solo i giorni successivi ti danno, quando quello che hai fatto assume contorni più reali e la voglia di attaccare nuovi obiettivi, sulla mezza maratona, sui 42km ancora. E anche altri effetti collaterali, credo per lo più benefici.

Qua iniziavo ad essere un po' più contento, almeno era finita.

Qua iniziavo ad essere un po’ più contento, almeno era finita.

Adesso sono 7!

Adesso sono 7!

La prima birra dopo 42 giorni, ed era analcolica... però già con questa inizio a dire addio agli addominali.

La prima birra dopo 42 giorni, ed era analcolica… però già con questa inizio a dire addio agli addominali.