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Il bello della (Turin) Maratona

Il bello della maratona, quando partecipava, era Marco Zaffani.

Il bello della maratona è che ti porta a scoprire  comuni come Nichelino, Moncalieri e Vinovo. Bah…

Il bello della maratona è che ti porta a scoprire posti come La Palazzina di Caccia di Stupinigi.

Il bello della maratona è fare la classica foto con Stefano Baldini.

Scaramanzia!

Scaramanzia!

Il bello della maratona è che, generalmente, dal 30° km all’arrivo tutti i ristori e gli spugnaggi sono ottimi luoghi dove mettere fine alla propria sofferenza.

Il bello della maratona, quella di ieri, è che anche i ristori a partire dal 25° km erano splendide oasi dove calarsi pettorale e chip.

Il bello della maratona è il cammino di mesi e mesi e mesi che ti porta fino alla gara.

Il bello della maratona è che all’arrivo ad Amsterdam volevo mollare tutto…

Partenza by night

Partenza by night

Il bello della maratona è che non riesci nemmeno a fare un vero lungo, e arriva il giorno della maratona pieno di dubbi.

Il bello della maratona è che ti scopri andare sciolto, almeno fino al 24° km…

Il bello della maratona è avere la compagnia di Valter della Casalese che ti aiuta quando vuoi mollare tutto.

Il bello della maratona è scherzare con Francesco Arone e sul fatto che non fa la doccia con le ciabatte.

Il bello della maratona è che dal 35° km in poi inizia un’altra gara, contro te stesso e contro il mondo.

Il bello della maratona è vedere Tommi all’arrivo provato come  non mai, dopo aver provato ad entrare di prepotenza nell’olimpo.

Più di qua che di là

Sani e salvi

Il bello della maratona è la gente che vomita all’arrivo. O ai ristori. O agli spugnaggi. Ovunque.

Il bello della maratona è vestirsi nei peggio modi.

Il bello della maratona è girare per Torino. E fare una mezza maratona di marcia il giorno prima.

Il bello della maratona è il carico di carboidrati della sera prima.

Il bello della maratona è lo scarico di carboidrati il giovedì prima dell’evento.

Il bello della maratona è scoprire che a Torino c’è il sole, ed a Milano le nuvole.

San Carlo by night

San Carlo by night

Il bello della maratona è sapere che la tua ragazza si fa 35′ di cammino per arrivare al 27° km per darti un gel che puntualmente non prendi.

Il bello della maratona è digerire rumorosamente senza che nessuno dica nulla!

Il bello della maratona è che dopo 21 km ce ne sono altri 21,195 km.

Il bello della maratona è che prima o poi il muro arriva. Stai sicuro che arriva…

Il bello della maratona è sapere che finalmente Paolino ha demolito il muro delle tre ore!

Vai Paolino!!!

Vai Paolino!!!

Il bello della maratona è che Rocky più invecchia più migliora! 2’48” e arrivo in diretta Tv!

Il bello della maratona è che so già dove soffrirò nel 2014. Trieste e Berlino!

Il bello della maratona è essere soddisfatto di un 3:05’50” più di un 2:58’00” primaverile.

Il bello della maratona è poter mangiare dopo l’arrivo nell’ordine: svariati tranci di pizza, focaccia di Recco, gelato di Grom, caffè. E ricominciare un’ora dopo ad ingurgitare di tutto.

Il bello della maratona è la settimana, o più, di riposo dopo la grande fatica

Il bello della maratona sono i pronostici degli Spilli.  E anche le grandi adunate il venerdì prima della partenza per salutarsi…

Il bello della maratona è che prima o poi finisce (cit.)

Medagliato!

Medagliato!

Il bello della maratona è che non si può spiegare a parole la sofferenza che si prova. Bisogna provarla, sentirla e godersela.

Il bello della maratona è che all’arrivo ti senti invincibile. E poi vomiti. E vomiti ancora. Però poi ti fermi…

Il bello della maratona sono i crampi.

Il bello della maratona sono i 195 metri dopo i 42 km.

Il bello della maratona è che il giorno stesso chiunque può far finta di averla corsa davvero…

Giggi The Runner!

Giggi The Runner!

Il bello della maratona è la commozione all’arrivo. Ed i crampi…

Il bello della maratona è che una volta seduto non riesci più ad alzarti dalla sedia.

Il bello della maratona è sentirsi orgogliosi di se stessi una volta tanto, poco importa il tempo con cui la concludi…

Il bello della maratona è che hai anche la supponenza di rendere orgoglioso chi ti sta attorno…

Il bello della maratona sono i ricordi (cit.) e quello che ti lascia dentro per molto tempo, se non per sempre. O almeno fino alla prossima.

Il bello della maratona è scrivere due righe e poterle condividere con qualcuno.

L.

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(Meno) 2 settimane

La primavera scorsa, prima della MCM, in questo periodo non stavo più nella pelle. Non vedevo l’ora di arrivare a Rho Fiera e percorrere tutti i 42,195km che mi separavano dall’arrivo al Foro Bonaparte.

Ora, con la Turin Marathon alle porte, non provo minimamente nessuna emozione.

Qualcosa c’è, ma è un misto di rassegnazione e preoccupazione.

Due settimane. Oramai è arrivata l’ora di tirare i remi in barca. Ciò che è fatto è fatto.

Sinceramente, è proprio questo che mi preoccupa. Non sono mai riuscito ad andare oltre i 30 km, per problemi vari, fisici e mentali. Ripetute più lente, meno rigidità alimentare, qualche svago in più, gambe che fanno spesso male, fatica nel recupero. Per come sono fatto, queste sono tutte cose che mi rimangono dentro e non mi permettono di guardare con positività e serenità verso il 17 novembre.

Due settimane. Qualcosa meno. Torino non l’ho mai vista. Ma non voglio andare a fare una scampagnata. I chilometri fatti fino qui vanno onorati.

Di una cosa sono certo però: la voglia di soffrire, tanto o poco che sarà, non manca. E’ spero non venga mai meno.

“Ho visto grandi vincitori, persone che si sono superate e che hanno passato il traguardo piangendo, senza forze, ma non solo per la spossatezza fisica, bensì soprattutto per essere riusciti a realizzare ciò che in fondo era solo il frutto dei loro sogni. Ho visto persone che, dopo aver tagliato il traguardo dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc, si sedevano per terra e restavano sedute per ore con lo sguardo perso, con il sorriso più grande dentro di sé, ancora incredule per ciò che avevano appena fatto, sapendo che svegliandosi avrebbero potuto dirsi di essere riuscite, di aver vinto tutti i timori e di aver realizzato i loro sogni. Ho visto persone che, pur essendo arrivate quando i primi hanno già avuto tempo di fare la doccia, di pranzare e forse di fare persino un bel pisolino, si sentono vincitrici e non cambierebbero ciò che provano per nessun’altra cosa. E le invidio,perchè, in fin dei conti, non corriamo per questo? Per sapere che siamo capaci di sconfiggere le nostre paure, e che il nastro che tagliamo all’arrivo non è tenuto dalle hostess, ma si trova là dove volano i nostri sogni? La vittoria non consiste nell’essere capaci di spingere il nostro corpo e la nostra mente al limite per scoprire che quei limiti ce ne hanno fatti conoscere altri ancora? E portare avanti, pian piano, i nostri sogni?” (Correre o morire, Kilian Jornet i Burgada, atleta fuoriclasse dell’endurance).

Kilian Jornet, classe 1987. Contagioso!

Kilian Jornet, classe 1987. Contagioso!

Con un karma così, come si fa almeno a non provarci?

L.

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3 settimane…

Dov’eravamo rimasti?
Personalmente qui, a Parma l’8 Settembre e alla mia prima delusione podistica del 2013. Da quel giorno gli allenamenti sono proseguiti, in questo mese che mi sta separando dalla Chicago Marathon, spesso solitari, tra ripetute, lipidici, qualche gara, un lungo (uno solo, vedrò di farmelo bastare!).

Sono ritornato a stare bene, forse. Forse un po’ scarico, sicuramente meno ottimista per ciò che riguarda la caduta del muro (delle 3 ore), ma consapevole di valere un buon tempo, un tempo migliore di Milano ad Aprile.

La settimana post-Parma è stata dura, il giorno dopo ho cercato di correre 14 km in un’ora, riuscendoci, seppure con una pausa a metà percorso. Le tossine del giorno prima, la voglia di fare che porta a strafare, tutto ha concorso a non sentirmi al meglio; e peggio ancora mi sono sentito il giorno delle ripetute, un 1000m seguito da un 2000m e un 3000m per poi finire diminuendo le distanze. Ancora 2000 e 1000 con quest’ultima ripetuta che finiva riproponendo lo stesso dolore che mi aveva bloccato a Parma. Cosa mi stava succedendo? Avevo esagerato con la velocità? Non sapevo come interpretare questo segnale, so solo che mi aveva tolto un po’ di voglia e un po’ di forza, Venerdì avevo ceduto e mollavo Tommi e Lello durante un progressivo.
Era la seconda volta in meno di 7 giorni, di certo non il modo migliore per preparare gambe e testa ad una maratona.

Domenica 15 era il giorno che mi avrebbe detto qualcosa in più sul mio stato di forma. Volevo correre 30 km, 3 frazioni della Lodi Relay Marathon organizzata da MLFM. Sapevo che potevo contare sull’aiuto di Lello per due frazioni e su Roberto per l’ultima, loro stanno meglio di me, e appoggiarsi a qualcuno quando le cose non vanno nel modo migliore serve sempre. Ho chiuso in 2h12′, girando ad un passo medio di 4’24”, non vicinissimo ai 4’15” necessari per raggiungere il bersaglio grosso, però il percorso era complesso, con parecchio sterrato, curve, salite e so che qualche secondo a km posso limarlo ancora. E poi ho chiuso a 3’56” l’ultimo km, le forze ci sono e la testa ha ripreso a girare con le gambe.

In settimana un allenamento da 3 ripetute sui 3000 m è stato un bel banco di prova per saggiare la mia resistenza alla fatica, ed è stato superato discretamente. Negli ultimi 3 km combattevo con un quadricipite che sentiva fastidio, ma non ho mollato, cercando di chiudere la ripetuta in 12′. La testa fortunatamente è rimasta al suo posto!

Ieri al posto di un medio da 20 minuti ho sfruttato “Il giro delle 3 chiese” ad Offanengo per competere sui 6km abbondanti. E il risultato mi soddisfa, chiudendo in 23’02”, con un passo di 3’47” e soprattutto senza dolori vari.

Chicago si avvicina, domani 10000 a Milano alla Innovation Running, magari se riesco ci aggiungo altri 10 km per continuare la preparazione. Mi sto rimettendo in carreggiata, non c’era altra possibilità!

m. 

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Acido Lattico Oh Yeah!

Mi ricorda le mie prime uscite da runner, o i primi giorni di preparazione atletica/cestistica post bagordi estivi.

Mi ricorda la prima mezza maratona a Cremona, o la prima maratona sul Lago Maggiore.

Ma soprattutto, mi ricorda stamattina, e ancora di più mi riporta alla mente le ripetute sui mille di ieri sera, dove già dopo la seconda ripetuta (delle sei in programma) i polpacci e i quadricipiti hanno iniziato la loro personale lotta interna…

 

A breve su questi schermi

L.

 

 

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Mad(rid) about you

E’ passato un altro anno, erano 36 prima ed ora si entra ufficialmente nel 37esimo anno di vita.
Però posso dire di aver corso già 4 maratone, addirittura di averne corse due nello stesso mese, questo Aprile 2013. Dopo la Milano City Marathon del 7, c’è stata la Rock ‘n’ roll Madrid Marathon di 2 giorni fa. E se posso essere sincero sono state corse entrambe bene, dopo le 3h08′ milanesi ci sono state le 3h15’23” in scioltezza nella capitale spagnola.
Madrid resta la mia città europea preferita, dalla breve vacanza del 1994 è stato un amore a prima vista, continuato successivamente con frequentazioni sporadiche, una un po’ più lunga nell’estate del 2007 con altri fugaci incontri nel 2010 e nel 2011, quest’ultima volta per correre una 10km. Al tempo la corsa doveva incastrarsi con l’attività cestistica, non potevo preparare la distanza regina con i giusti modi e tempi, ma l’idea di correre (metaforicamente) lungo le rive del Manzanarre o nel Parque del buen Retiro mi stuzzicavano, e avevo colto l’occasione per viaggiare e correre, sogno costante di molti runner.
Due anni dopo, con un po’ di acqua passata sotto i ponti, dopo qualche tsunami che ha lasciato qualche maceria sul mio percorso, ho rivissuto il piacere di correre qui, questa volta per completare i 42km. Il ricordo suscita ambivalenti sensazioni, ma l’idea che un cerchio si sia chiuso, che comunque ci siano nuovi inizi ha reso questa corsa e questo viaggio solitario sotto una luce positivamente chiara.

In partenza

Non chiedevo molto alla gara, volevo solo godermela, e sono contento, perchè per la seconda volta consecutiva la convivenza tra me e la maratona è stata perfetta, Firenze resta sempre di più un ricordo da non dimenticare (mai), e una spinta! Man mano che si avvicinava il 28 Aprile, passavo dal pensiero di volerla chiudere sotto i 210′ alle 3h20, per assestarmi su un 3h15′. Forse sto iniziando a conoscere meglio le mie potenzialità, è quel passo avanti, quello scatto mentale che probabilmente mi rende più invasato, anche più razzista nel mio modo di vedere la corsa e che mi fa apprezzare maggiormente la fatica dell’allenamento, le tappe di avvicinamento, il lavoro che si trasforma in risultato!
Ho in mente parecchie istantanee della gara:
la sveglia alle 6 di mattina di domenica che mi ha permesso di sopportare maggiormente il casino dei miei coinquilini d’ostello scozzesi al loro ritorno dalla noche madrilena,
il freddo alla partenza, questa volta non avevo portato nessuna vecchia felpa da buttare via appena prima dello start, e per più di mezz’ora ho cercato di riscaldarmi con solo una canotta addosso in una pungente mattinata simil-novembrina. Mi vergogno un po’ a dirlo, ma per un po’ ho quasi preferito il caldo di un bagno chimico seppure diversamente profumato alle fredde fragranze del verde del paseo de recoletos!
Penso al minuto di silenzio per Boston, alle parole con dei podisti di Tavazzano in trasferta come me, o alle chiacchiere improvvisate con altri partecipanti alle 3 gare in contemporanea. A chi correva la 10 km e si complimentava perchè avrei corso l’intera distanza dicevo che due anni prima ero al loro posto, non stavo facendo nulla di straordinario! Ricordo qualche strano corridore alla partenza, uno di fianco a me aveva un gilet militare con attaccato il pettorale, dei pantaloni lunghi con le tasche, non mi era mai capitato di vedere un abbigliamento tale in certe situazioni.
E poi si parte, con calma, non c’è fretta, mi godo la strada che costeggia il Bernabeu, un po’ in salita, ma non fastidiosa. Vedo una Madrid che non conosco, la gente che tira su le tapparelle, apre le finestre e ci guarda. Sembra sempre di essere in discesa e le gambe vanno tranquillamente, cercando di non strafare. Alla prima vera salita nei pressi di Nuevos Ministerios per la prima volta sento tutto il calore del pubblico, siamo ancora in un gruppo folto a correre, con noi ci sono quelli della mezza maratona, e al nostro fianco ci sono tutti gli spettatori, senza spazi vuoti, e sono attaccati a noi, quasi sembra di essere in salita al giro d’Italia. E ci urlano “animo”, “venga”… dicono che siamo dei campioni, lo ripetono spesso! Anche quando arriviamo a Gran Via e un sole che si specchia sulla pubblicità Schweppes di Callao ci accoglie sorridente. Io penso tra me e me che non siamo campioni, stiamo facendo una cosa abbastanza normale, che tutti potrebbero fare, non siamo speciali. Però fa piacere sentirsi così apprezzati, ti dà la carica e questo è uno dei più grandi ricordi che mi porto dietro da Madrid.
Perchè in fin dei conti il percorso è stronzo, sembra sempre in discesa all’inizio e le gambe allora devono essere tenute a freno, perchè poi nella seconda parte invece si sale!Si corre a Casa de Campo e lì la gente è meno numerosa e al 30° km invece vorresti ancora lo stesso tifo che avevi a Sol, al palazzo reale! Sono stato fortunato, ho incontrato un corridore dei runners Bergamo, con cui condivido l’iscrizione ad un forum podistico, runningforum.it, e con lui passo indenne quella che era la mia preoccupazione per il muro del 32°km. Scusa Sharky se poi ti ho abbandonato lasciata Casa de Campo, le gambe stavano bene, più o meno, anche se al Vicente Calderon credevo di perdere tutto per un principio di crampo.

Una nuova medaglia per la mia collezione!

Una nuova medaglia per la mia collezione!

Non dimentico poi le sensazioni nel finale, i km che diventano più lunghi e anche se rallento vedo che continuo a superare gente, stringo i denti, tengo un sguardo concentrato, supero la lunga salita di Calle de Alfonso XII, manca un km, e le emozioni mi sovrastano quasi come all’arrivo della mia prima maratona. Fatico a controllare il mio respiro che va e viene, sono alla fine, che bello quel rettilineo che mi porta verso il traguardo. E’ fatta anche questa volta, due maratone in un mese, non è niente di speciale, ma posso dire di averlo fatto due giorni prima del mio 36° compleanno!!!

E poi c’è Madrid, c’è Casa Labra, il mio posto preferito. E’ lì nei pressi di Calle de Preciados, dal 1860 e io vorrei mangiare continuamente le sue crocchette di baccalà, andrei a Madrid anche solo per loro.

Casa Labra

Casa Labra

C’è il mercado di San Miguel, dove mi trovo a parlare di maratona con due coppie di mezza età, una norvegese e una tedesca, mentre si mangia paella, tortilla de patatas o gambas fritos e si beve un vino tinto. C’è 100 montaditos con i suoi piccoli panini ad 1€ l’uno, dove con 4 euro mangi e bevi. Lì il sabato avevo incontrato un ragazzo che mi augurava “good luck” per la maratona e che anche lui avrebbe corso, l’ho incontrato nell’area massaggi all’arrivo, arrivato 3 minuti dopo di me, scambiamo due brevi parole, lui è di Detroit, ha corso a Chicago nel 2012 e io gli dico che la correrò questo ottobre, è stato un veloce incontro, ma anche lui resta nel mio ricordo!
Poi c’è il Prado, che rivedo dopo 6 anni, voglio vedere Velazquez, il Greco, il giardino delle delizie di Bosch che è uno dei miei dipinti preferiti, e anche se la coscia soffre un po’ le fatiche del giorno prima, mi piace girare da solo le stanze del museo.
Da solo. Anche questa è una prima volta, sempre prima dei 36 anni, un viaggio in solitaria, seppure per soli 3 giorni, era qualcosa che cercavo e sono stato felice di farlo correndo! E tanto per aggiungere un’altra prima volta, non credevo sarebbe successo, ma in ostello l’ultima notte, la notte del mio compleanno, avevo una stanza da 6 letti tutta per me… una suite alla modica cifra di 14€!!!

Adesso però ho voglia di una corsa con tutti gli spilli!!!

M.

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Intervista schizofrenica

Avvertenza:
Checché ne possa dire, correre può fare male, non è per tutti. Correre continuamente può creare una dipendenza, si inizia a parlare solo di quello; si organizza la giornata, le settimane, i mesi, le vacanze in base a quello. E poi si può arrivare ad una fase schizofrenica, in cui ci si ritrova a scrivere una finta intervista, in cui si gioca a fare l’intervistatore e l’intervistato, solo per parlare di corsa in un modo differente. Ecco, in questo momento io mi ritrovo in questa situazione! Chiedetevi se vale la pena cominciare per finire così…

Prima della partenza

Prima della partenza

 

Uno dei più bei meme riguardanti la corsa dice che c’è un modo facilissimo per riconoscere chi ha corso una maratona, basterà farlo parlare e sarà lui a dirtelo, senza nessuna domanda particolare. Prepararmi per quest’intervista con Cek non è stato difficile, sapevo che mi avrebbe raccontato senza fatica la sua esperienza alla MCM, del resto dopo aver corso 42km e 195 metri cosa sarà rispondere a qualche domanda?

Il tuo obiettivo prima della gara era correre la MCM in 3h08′, è andato tutto come previsto quindi?
«
Non poteva andare meglio di così, è stato il coronamento dei mesi di lavoro. Dopo Firenze cercavo una rivincita, ora posso dire veramente che la lezione di novembre è stata recepita. Non potevo permettermi di sbagliare ancora l’approccio con la gara, di certo non dopo questi mesi di ottima preparazione.»
Ci hai dato dentro da Dicembre, vero?
«
Beh, l’ho detto che avevo qualcosa da farmi perdonare, il 2012 era stato difficile dal punto di vista podistico. Avevo visto letteralmente la gente sfrecciarmi davanti mentre io con i crampi e una fatica indicibile mi trascinavo verso il traguardo, e questo per ben 7 chilometri. Ho ancora davanti agli occhi la scena di una ragazza tra il pubblico che incita noi corridori e io che sconsolato la guardo e le faccio capire che proprio non ne ho più, c’è del romanticismo in tutto questo, ma è molto meglio quando le gambe rispondono alla spinta del pubblico. Comunque tra Firenze e Milano nel mio percorso ci sono più o meno 900km.»
Non solo quelli però.
«
Ah certo, c’è anche qualche PB. Anzi da gennaio mi sono migliorato in tutte le distanze, nei 5000, nei 10000, nella mezza maratona, mancava giusto la distanza regina e Milano era l’occasione giusta. Io poi non la consideravo la mia scelta per il periodo primaverile, a dicembre mi ero iscritto a Madrid (si corre il 28 aprile, ndA), e inizialmente la preparazione era incentrata su quella. Milano si è presentata quasi casualmente, Lello aveva deciso di correrla e io pensavo di prenderla come opportunità per un lungo in vista di fine aprile. Poi i continui risultati, la voglia di correre che mi pervadeva e la spinta di Lello e Zaffo hanno fatto il resto, la MCM era diventata un’occasione ghiottissima per puntare al PB sulla maratona.
3h08’34”, un miglioramento di 20 minuti rispetto a Firenze e di 18 rispetto alla Lago Maggiore Marathon del 2011.
«
Una bella soddisfazione. E nei due giorni seguenti la felicità per il risultato si faceva più consapevole, non lo credevo possibile fino a poche settimane fa, pensavo di avere le potenzialità al massimo per correre i 42 km in 3h12′, non di più. Poi però una volta corso il lungo di 32 km da solo ad una media di 4’28″/km, avevo capito che la barriera si era spostata un po’ più in là, per questo mi ero prefissato i 188 minuti di tempo di percorrenza. Tutto come previsto appunto.»
Hai qualche ricordo particolare della gara?
«
Ovviamente mi è capitato di ripensarci, di rivivere alcuni momenti lungo il percorso. Da interista, anche se ultimamente un po’ più all’acqua di rose, è stato particolarmente divertente incrociare nei pressi di San Siro Rodrigo Palacio, che incappucciato nella sua felpa grigia osservava, a dire il vero senza troppo entusiasmo, il passaggio di noi corridori. Poi ricordo alcuni compagni di viaggio, tre ragazzi con la divisa della Virtus Cesena che avevano come obiettivo di correre in 3h09′, con loro ho condiviso parte dei km a metà gara, e li ho rivisti soddisfatti a fine gara. E poi sempre intorno al 20° km un corridore che risponde al cellulare e si mette a parlare dicendo che sta seguendo il treno delle 3 ore e 10; io tra me e me pensavo che se corro così tanto è per non avere la schiavitù telefonica e per estraniarmi un po’, questione di punti di vista.
Poi le facce note lungo la strada, Tommi, Gio e Ale nei pressi della Centrale, Carlo qualche metro più avanti, gli staffettisti lodigiani che aspettavano il loro turno, Silvia di MLFM al 32° km. E gli spilli e le spille volontarie all’arrivo, è stato bello gioire con loro, abbracciare Sam che mi copriva con la carta di alluminio, Alessia che mi mette la medaglia al collo e Roberto e Monia con cui festeggiare.»
A Milano hai corso la tua terza maratona. Si può dire che ora hai una discreta conoscenza della distanza?
«
Non penso si possa mai dire di conoscere la maratona. Prima di correre la prima ad Arona pensavo che una volta corsa una maratona le altre sarebbero state tutte in discesa, credevo che bastasse il primo vero approccio per conoscere i 42 km. E in fin dei conti la prima volta è stata eccezionale, come meglio non si poteva sperare. C’era la tensione, la gioia durante i primi km, la fatica che compare gradualmente per raggiungere il suo apice dopo il 36° km e poi l’esplosione di emozioni nell’ultimo km, qualcosa che mi ha lasciato senza fiato, una felicità che faccio fatica a paragonare con altre sensazioni vissute. Ecco, questa è la prima maratona, alla seconda la tensione è stata inferiore, c’è stata più spavalderia e tutto mi si è ritorto contro. Quindi si può già dire che ogni volta è una storia nuova e bisogna affrontarla con rispetto. Cosa che ho fatto a Milano, insieme alla consapevolezza che bisogna darsi da fare per conquistare le grazie di questa gara. I primi 30 km mi hanno affascinato, sono stati inebrianti, poi è iniziato il momento in cui serviva più impegno per far funzionare il rapporto e dal 36° avrei smesso ad ogni passo, i km si facevano immensamente più lunghi. Questa è stata la maratona per me, la correrei ancora solo per quei 6 km, in quel momento contavano solo me stesso e la mia fatica. Superare quei 6 km mi ha permesso di essere accarezzato dalla felicità.»

All'arrivo in piazza Castello

All’arrivo in piazza Castello

Progetti futuri?
«
Andare a correre a Madrid, il tempo non è importante, voglio godermi la città, le crocchette di baccalà a Casa Labra, l’hamburguesa de Domingo, cerveza e churros. Poi continuare con le mezze maratone, siamo a 4 nel 2013, e me ne mancano 9 per centrare il mio obiettivo di 13. Mi piacerebbe partecipare a qualche missione con i Podisti da Marte, e poi con gli Spilli ci sono un po’ di progetti vari, speriamo di riuscire a metterli in pratica.»

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MCM 2013 (Lello’s Run)

“L’ultima, stop, per quest’anno non ne voglio più sapere!”

Fosse così, sarebbe anche legittimo. Mesi di allenamento, pioggia, neve, vento, freddo, sveglie alle 5 del mattino, pista alle 21 di sera, medi di 35’ a 3’49”, ripetute, 3×4000, lunghi. La testa che non va più, le gambe che si ribellano, dolori ovunque, ansia, tensione.

Sabato mattina, ore 7.18; torno mestamente a casa. Zoppico, coda tra le gambe, muso lungo, non parlo con nessuno.  Il  piede destro fa le bizze, si ribella. E’ finita, penso. 18’, 3 km. 4 mesi buttati, per tutta la giornata evito di parlare, mi confido solo con pochi, non dico niente a nessuno. Non lo dico a Michele, per non rovinare il suo entusiasmo; lo dico a Elena e a Zaffo, che mi dicono di stare tranquillo. Io tranquillo lo sono, ma perché oramai sono rassegnato. Parto e male che vada mi ritiro. E in autunno mi iscrivo a Torino…

Domenica mattina, sveglia ore 5. Treno ore 6.23. Metro e arrivo a Rho. Pioggerellina e freddo. Nuvole minacciose. Ci cambiamo sotto il parcheggio della Fiera. Mi piace l’ambiente, anche se ce lo godiamo poco. Ci cambiamo, qualche foto, portiamo la borsa e facciamo riscaldamento. Tutto nella speranza che possa servire a qualcosa. Non ho fiducia, sono pessimista; il riscaldamento lo salto, quasi. Entriamo nella gabbia presto. Sale la tensione, sale la fiducia. Comunque vada, sarà un successo; di certo, non mollo. Sono qui, me la gioco fino in fondo.

Prima della partenza

Prima della partenza (Grazie a Podisti.net per la foto)

Via. 3’57” il primo chilometro. Tallono i pacer delle tre ore. Incredibile, sto bene. Molto bene, mi sembra di andare facile, con il freno a mano tirato, non voglio esagerare, è lunga. I km scorrono veloci. Senza accorgermene quasi, lascio la compagnia delle 3 ore e faccio gruppetto davanti. Mi sento bene, sempre in controllo. Mi ripeto di non strafare, è lunga. E poi siamo solo in periferia, ancora deve arrivare la vera Milano, i palazzi, il pubblico, i lastroni e i binari del tram. La compagnia del gruppetto è ottima, si ride e si scherza. Non sarà così per sempre, immagino. Arriviamo in Milano, si inizia a sentire il pubblico.

Corso Sempione, 20° Km

Corso Sempione, 20° Km

Passo alle mezza in 1:29’. Perfetto, sto da Dio, il piede sta li buono buono, nessun dolore o allarme. Oramai manca poco e sarò al 24° km, dove mi attendono Tommi, Gio e Ale. Non so come, ma allungo. Quasi senza accorgermene, me ne vado, in progressione. Prendo i gel da Tommi, che puntualmente perdo (grazie al cielo percorriamo avanti ed indietro Via Pisani!).

“http://www.facebook.com/video/embed?video_id=10200583843585854”

Si sente il vento, ma supero i Bastioni di Porta Venezia di slancio, passo Viale Bianca Maria e torno indietro come se nulla fosse. Mi fa compagnia una donna, che tutti incitano. Le dico di starmi dietro, al coperto dal vento. Finché ne ha, mi segue. Arriviamo in Piazza San Babila, raggiungo tanta gente. Qualcuno già inizia a pagare la partenza lanciata. Beato me, che ho già 4 maratone alle spalle e un pochino di esperienza. Sono ancora in spinta, passo Piazza del Duomo e Piazza della Scala. Recupero ancora posizioni. Il passo segnato dal GPS scende da 4’11” a 4’10”. Bene così, finché ne ho, devo spingere. Per soffrire c’è ancora tempo. La parte dura comincia ora.

30° km: sto ancora bene, rapidamente faccio il punto della situazione. Sono solo, mi porto appresso un omino piccolino; mi è sempre attaccato, non si scrolla di dosso. Mi tocca anche dentro con i piedi, rischiando di farmi inciampare. Non so come insultarlo, da quello che ho capito non è italiano. Ma già me lo immagino superarmi al traguardo, dopo che ho tirato tutto il tempo e l’ho coperto dal vento.

32° km: in teoria i nostri supporters dovrebbe essere anche qua. Nulla, non si vedono. No problema, di gel ne ho ancora. Supero Dario, altro noto blogger, piuttosto affaticato, ma non ha nessuna intenzione di mollare. Ci scambiamo un incitamento.

33° km: cambio della staffetta, vedo che si riscalda l’oro olimpico Stefano Baldini. Gli do il cinque. Mi da una bella carica, ma inizio ad accusare un pochino la fatica. L’omino, la mia ombra, mi è sempre alle calcagna. Sempre incollato.

38°:Il vento fa cadere una transenna proprio quando passo io. La evito con difficoltà e vado avanti. Tempo qualche metro e il mio amico tallonatore mi supera. Mi dice di seguirlo. Mannaggia a te, se avessi ancora qualcosa in corpo te la farai vedere io…

39° e 40°: Eccolo, Corso Sempione. Fatto al 20° più essere fastidioso e noioso,ma con freschezza lo superi; al 40° vorresti morire. Butto giù la testa, penso alla fatica, a tutti i km fatti in questi mesi di allenamento, al freddo patito alla Stramilano, alla neve e ai geloni alle mani ed ai piedi di Busseto. Fatico incredibilmente, ma ci sono. Resisto.

41° e 42°: Ci siamo. Aggiriamo Parco Sempione, rettilineo e curva a destra. Manca un niente. Spingo fino ai crampi. Sono sotto (e cotto!), e anche alla grande. Manca un niente, una curva, pochi metri.

Ultimissimi metri!

Ultimissimi metri!

200, 150, 100, 50…42.195°: 2:58’14”! O in Real time, 2:58’ puliti. Se non fosse che sto per svenire, tutto bene! Mi rendo conto di aver fatto una cosa incredibile! Un sacco di pensieri per la testa; i sacrifici, la dieta, le rinunce, le levatacce e il letto alle 22. Sono serviti a qualcosa, dal primo all’ultimo.

Sfinito!

Sfinito! (Grazie ad Andòcorri per la foto)

Samuele, Roberto e Alessia mi festeggiano. Non vedo l’ora di stendermi. Mi tolgo le scarpe. Mi commuovo, mi lascio andare, non mi interessa. E’ il mio momento, l’ho atteso. Diversamente da Firenze, dove sinceramente non sapevo cosa aspettarmi, qua avevo un solo obiettivo, infrangere il muro delle 3 ore. Ci sono riuscito, e al primo tentativo. Non voglio più correre maratone, se ne riparlerà l’anno prossimo, forse. Solo mezze e 10 km.

Arriva Michele, soddisfatto. E te credo! Mi rivedo in lui, la sua storia assomiglia alla mia in novembre.

Arriva anche Tommi, che forse soffre più di noi lo stop forzato causa infortunio. Non so quanto vorrebbe essere al nostro posto…

Stupendo, meraviglioso. Passa la stanchezza. Sono un po’ più lucido. Non ci sto più dentro! Chiamo Elena, che per prudenza ho lasciato a casa. Fallire sotto i suoi occhi non sarebbe stato il massimo.

Doloranti ma soddisfatti!

Doloranti ma soddisfatti!

A casa tutti conoscono già il mio risultato. in famiglia già conoscevano il mio risultato. Chiamo mio cugino, anche lui già a conoscenza. Per una volta non mi dice che sono stato scarso! Ma è già pronto a sfidarmi ed a sopravanzarmi nella Maxi classifica.

Arrosto (con birra Stelvio, finalmente).Divano, Roubaix ( Cancellara invincibile), gelato, aperitivo, pizza. Tutto quanto meritato. Tutto con la medaglia al collo.

Maratoneti Hipster

Maratoneti Hipster

Milano mi ha regalato la più bella giornata sportiva della mia vita. Tempo ideale, percorso veloce e divertente. Tanta gente a fare il tifo. Tanti colori, amici sulle strade, calore. L’arrivo in Piazza Castello, tra due ali di folla. Le lacrime, la fatica, il sudore.

Grazie a tutti, di cuore. A chi mi ha sopportato, e che tante volte si è sentita dire “no, devo correre” oppure “sono stanco, andiamo a casa”; a chi mi ha sostenuto, e sempre mi ha spinto a dare di più. A chi si è allenato sempre con me, quasi in simbiosi, aiutandoci a vicenda a non mollare; a chi non c’è più, ma che porto tatuato sulla pelle sempre di fianco a me; a chi in questi periodo ho trascurato, ma che so che sotto sotto non si è mai sentito in disparte; a chi ha creduto in me, più di quanto possa aver fatto io.

Dedica speciale alla Decafamily Pieve Fissiraga, che mi ha regalato un  lunedì mattina da leone! Siete speciali!

Decafamily sempre presente!

Decafamily sempre presente!

“L’ultima, stop, per quest’anno non ne voglio più sapere!” . Troppa fatica nel scendere e salire la scale. Ma quella passa, e la voglia di migliorarsi resta. Inizio a pensare dove posso limare i secondi. Dicono che Torino sia veloce…

L.

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Non è un altro post sulla corsa (o per lo meno non solo su quella)

Nonostante oramai manchi solo un giorno alla Milano City Marathon, questo post non parlerà principalmente della preparazione, delle speranze, delle tensioni per la gara di Domenica e probabilmente non tratterà solo di running. E’ semplicemente una riflessione sulla corsa, sullo sport, sul tempo che passa, sull’adolescenza forse, o sono solo poche righe di psicologia spiccia; quella accademica è stato un traguardo a lungo cercato (più o meno fortemente) e mai raggiunto, tanto per utilizzare una terminologia sportiva.

Prendo spunto da una lettura e dalla mia attività di allenatore di una squadra di basket Under13:

la prima è un articolo letto su RunLovers, in cui si parla dei pensieri che popolano la mente di un runner durante la fatica. Citando Murakami che affermava di non pensare a niente durante le sue corse, si parla di come la fatica ci faccia riappropiare del nostro corpo, ce lo faccia riconoscere, conoscere nuovamente dopo che ci abituiamo all’idea del nostro stato corporeo. E’ durante lo sforzo che ci accorgiamo dei chili in più, delle parti dolenti che magari sottoutilizziamo, e finalmente spostiamo il nostro pensiero sulle funzioni vitali, sul respirare, sul battito del cuore. Anche questo è un modo per liberarci dei pensieri che ci portiamo dietro, più o meno importanti, ma spesso non vitali.
Quando avevo appena iniziato a correre con un certo costrutto mi capitava di uscire munito di iPod e cuffie, e spesso mi lasciavo sopraffare dal ritmo dei pezzi che si susseguivano casualmente, per arrivare ad un punto in cui il mio fisico ancora poco allenato non poteva più seguire quel ritmo. Una volta quando ero particolarmente cotto, ricordo che era il periodo estivo, a poco più di un km da casa mia decisi di togliere le cuffie, spegnere l’iPod, perchè quello era l’unico modo per completare l’allenamento. Il sentire la pesantezza dei miei passi, il mio respiro, e solo questi, mi avevano restituito le forze per terminare, o per meglio dire mi avevano permesso di ricercare e sfruttare forze che ancora avevo. La musica le stava inibendo e da quel giorno ogni volta che esco a correre è il suono di ciò che mi circonda che fa da colonna sonora.
In questo modo il sintonizzarsi sulle mie sensazioni interne mi permette anche di pensare alle cose che ritengo veramente importanti e di creare una faticosa lucidità.

Mi piace correre anche perchè in quei momenti ci si libera di una delle maggiori schiavitù volontarie di questi tempi: la continua connessione, la dipendenza dagli smartphone, da whatsapp.
Nelle ore di corsa sei tu, irraggiungibile, libero e in quei momenti tu sei il mondo intero e il resto può andare avanti anche senza di te, lo dice bene il monologo finale di Memento: “Devo convincermi che, anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci… allora sono convinto o no che il mondo continua ad esserci? …c’è ancora? …sì.”
Il mondo c’è ancora, è sotto i tuoi occhi mentre corri, ma sei finalmente disconnesso positivamente, puoi goderti la tua compagnia, e personalmente se c’è una cosa che negli anni io ho imparato ad apprezzare, quella è anche lo stare in tranquillità con me stesso.

L’abbandono del cellulare, di internet, si collega al secondo spunto, al paragone che interiormente facevo oggi durante gli allenamenti dei ragazzi, tra loro, adolescenti nel 2013 ed io, ragazzino che giocava a basket, fresco adolescente nel 1991. Vedevo le differenze di comportamento nei confronti dei miei compagni di squadra, dell’allenatore, il modo in cui l’insieme, la squadra si rapporta all’autorità del coach e l’esempio che mi si pone davanti adesso è sicuramente deficitario rispetto a quando ero io dall’altra parte della barricata. Noi ascoltavamo quello che ci veniva detto, cercavamo di mettere in pratica quello che ci veniva richiesto, ognuno a modo suo, con i nostri pregi, i nostri difetti, ma cercando sempre di migliorare, cosa che adesso non vedo nella squadra che mi ritrovo ad allenare. Sicuramente dipende anche dalle minori mie capacità rispetto agli allenatori che ho avuto nella mia carriera cestistica, ma le mancanze sono anche da parte dei ragazzi che hanno un livello di attenzione assolutamente inferiore e insufficiente per poter recepire quegli insegnamenti necessari a migliorare. E quello che meno aiuta, e che anzi vedo in parte colpevole di questa minore capacità di concentrazione è dato dal continuo pensiero al telefono cellulare portato in palestra o lasciato in spogliatoio, a quella continua connessione da cui un adolescente fa ancora più fatica a liberarsi. Ad una mia domanda oggi i ragazzi mi hanno detto che dedicano almeno 2/3 ore ad internet, al giocare al computer, alle varie console, lungi da me colpevolizzare cose che anch’io utilizzo massicciamente, ma se queste portano ad annullare le attività reali, all’aperto il problema si pone realmente.
Liberarsi da certe connessioni, dedicare tempo ad altro diventa a mio avviso indispensabile.
Per qualcuno sarà la corsa, per qualcun altro una passeggiata, una biciclettata, la lettura di un libro, qualsiasi cosa, basta che sia fatta.

M.

P.S.: E’ ora di riposare, per domenica l’obiettivo è ambizioso, serviranno energie!

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Give me a good reason (part 2)

Avevo chiesto qui di darmi una buona ragione per non provare la fortuna con la lottery per la Chicago Marathon, e non ero stato convinto.
Ho fatto la cazzata e mi ero pre-iscritto, non sapendo che solamente altri 35999 avrebbero cercato uno dei 15000 pettorali ancora disponibili. La dea bendata questa volta mi ha baciato, ora ho due giorni di tempo per decidere di completare la registration, investire 200$ e iscrivermi definitivamente.

Solo che io avrei voluto avere altri progetti per la seconda metà del 2013, progetti che non riguardavano la corsa. Già sognavo un viaggio in solitaria in Indonesia per Novembre, finalmente lontano dai pensieri nel mese che più di tutti ho in odio!!!

Come complicarsi la vita, questa iscrizione sembra quasi come auto boicottarsi, e ora non so cosa scegliere…

ChicagoMarathon09
Tornare nella Windy City, girare nuovamente nel loop, costeggiare il lago Michigan…

BOA_01
… oppure Bali, Giava, Sumatra, Jakarta…

Cosa dovrei fare secondo voi?

M.

P.S.: Pregasi far arrivare le risposte entro il 14-03-2013