Intervista schizofrenica

Avvertenza:
Checché ne possa dire, correre può fare male, non è per tutti. Correre continuamente può creare una dipendenza, si inizia a parlare solo di quello; si organizza la giornata, le settimane, i mesi, le vacanze in base a quello. E poi si può arrivare ad una fase schizofrenica, in cui ci si ritrova a scrivere una finta intervista, in cui si gioca a fare l’intervistatore e l’intervistato, solo per parlare di corsa in un modo differente. Ecco, in questo momento io mi ritrovo in questa situazione! Chiedetevi se vale la pena cominciare per finire così…

Prima della partenza

Prima della partenza

 

Uno dei più bei meme riguardanti la corsa dice che c’è un modo facilissimo per riconoscere chi ha corso una maratona, basterà farlo parlare e sarà lui a dirtelo, senza nessuna domanda particolare. Prepararmi per quest’intervista con Cek non è stato difficile, sapevo che mi avrebbe raccontato senza fatica la sua esperienza alla MCM, del resto dopo aver corso 42km e 195 metri cosa sarà rispondere a qualche domanda?

Il tuo obiettivo prima della gara era correre la MCM in 3h08′, è andato tutto come previsto quindi?
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Non poteva andare meglio di così, è stato il coronamento dei mesi di lavoro. Dopo Firenze cercavo una rivincita, ora posso dire veramente che la lezione di novembre è stata recepita. Non potevo permettermi di sbagliare ancora l’approccio con la gara, di certo non dopo questi mesi di ottima preparazione.»
Ci hai dato dentro da Dicembre, vero?
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Beh, l’ho detto che avevo qualcosa da farmi perdonare, il 2012 era stato difficile dal punto di vista podistico. Avevo visto letteralmente la gente sfrecciarmi davanti mentre io con i crampi e una fatica indicibile mi trascinavo verso il traguardo, e questo per ben 7 chilometri. Ho ancora davanti agli occhi la scena di una ragazza tra il pubblico che incita noi corridori e io che sconsolato la guardo e le faccio capire che proprio non ne ho più, c’è del romanticismo in tutto questo, ma è molto meglio quando le gambe rispondono alla spinta del pubblico. Comunque tra Firenze e Milano nel mio percorso ci sono più o meno 900km.»
Non solo quelli però.
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Ah certo, c’è anche qualche PB. Anzi da gennaio mi sono migliorato in tutte le distanze, nei 5000, nei 10000, nella mezza maratona, mancava giusto la distanza regina e Milano era l’occasione giusta. Io poi non la consideravo la mia scelta per il periodo primaverile, a dicembre mi ero iscritto a Madrid (si corre il 28 aprile, ndA), e inizialmente la preparazione era incentrata su quella. Milano si è presentata quasi casualmente, Lello aveva deciso di correrla e io pensavo di prenderla come opportunità per un lungo in vista di fine aprile. Poi i continui risultati, la voglia di correre che mi pervadeva e la spinta di Lello e Zaffo hanno fatto il resto, la MCM era diventata un’occasione ghiottissima per puntare al PB sulla maratona.
3h08’34”, un miglioramento di 20 minuti rispetto a Firenze e di 18 rispetto alla Lago Maggiore Marathon del 2011.
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Una bella soddisfazione. E nei due giorni seguenti la felicità per il risultato si faceva più consapevole, non lo credevo possibile fino a poche settimane fa, pensavo di avere le potenzialità al massimo per correre i 42 km in 3h12′, non di più. Poi però una volta corso il lungo di 32 km da solo ad una media di 4’28″/km, avevo capito che la barriera si era spostata un po’ più in là, per questo mi ero prefissato i 188 minuti di tempo di percorrenza. Tutto come previsto appunto.»
Hai qualche ricordo particolare della gara?
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Ovviamente mi è capitato di ripensarci, di rivivere alcuni momenti lungo il percorso. Da interista, anche se ultimamente un po’ più all’acqua di rose, è stato particolarmente divertente incrociare nei pressi di San Siro Rodrigo Palacio, che incappucciato nella sua felpa grigia osservava, a dire il vero senza troppo entusiasmo, il passaggio di noi corridori. Poi ricordo alcuni compagni di viaggio, tre ragazzi con la divisa della Virtus Cesena che avevano come obiettivo di correre in 3h09′, con loro ho condiviso parte dei km a metà gara, e li ho rivisti soddisfatti a fine gara. E poi sempre intorno al 20° km un corridore che risponde al cellulare e si mette a parlare dicendo che sta seguendo il treno delle 3 ore e 10; io tra me e me pensavo che se corro così tanto è per non avere la schiavitù telefonica e per estraniarmi un po’, questione di punti di vista.
Poi le facce note lungo la strada, Tommi, Gio e Ale nei pressi della Centrale, Carlo qualche metro più avanti, gli staffettisti lodigiani che aspettavano il loro turno, Silvia di MLFM al 32° km. E gli spilli e le spille volontarie all’arrivo, è stato bello gioire con loro, abbracciare Sam che mi copriva con la carta di alluminio, Alessia che mi mette la medaglia al collo e Roberto e Monia con cui festeggiare.»
A Milano hai corso la tua terza maratona. Si può dire che ora hai una discreta conoscenza della distanza?
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Non penso si possa mai dire di conoscere la maratona. Prima di correre la prima ad Arona pensavo che una volta corsa una maratona le altre sarebbero state tutte in discesa, credevo che bastasse il primo vero approccio per conoscere i 42 km. E in fin dei conti la prima volta è stata eccezionale, come meglio non si poteva sperare. C’era la tensione, la gioia durante i primi km, la fatica che compare gradualmente per raggiungere il suo apice dopo il 36° km e poi l’esplosione di emozioni nell’ultimo km, qualcosa che mi ha lasciato senza fiato, una felicità che faccio fatica a paragonare con altre sensazioni vissute. Ecco, questa è la prima maratona, alla seconda la tensione è stata inferiore, c’è stata più spavalderia e tutto mi si è ritorto contro. Quindi si può già dire che ogni volta è una storia nuova e bisogna affrontarla con rispetto. Cosa che ho fatto a Milano, insieme alla consapevolezza che bisogna darsi da fare per conquistare le grazie di questa gara. I primi 30 km mi hanno affascinato, sono stati inebrianti, poi è iniziato il momento in cui serviva più impegno per far funzionare il rapporto e dal 36° avrei smesso ad ogni passo, i km si facevano immensamente più lunghi. Questa è stata la maratona per me, la correrei ancora solo per quei 6 km, in quel momento contavano solo me stesso e la mia fatica. Superare quei 6 km mi ha permesso di essere accarezzato dalla felicità.»

All'arrivo in piazza Castello

All’arrivo in piazza Castello

Progetti futuri?
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Andare a correre a Madrid, il tempo non è importante, voglio godermi la città, le crocchette di baccalà a Casa Labra, l’hamburguesa de Domingo, cerveza e churros. Poi continuare con le mezze maratone, siamo a 4 nel 2013, e me ne mancano 9 per centrare il mio obiettivo di 13. Mi piacerebbe partecipare a qualche missione con i Podisti da Marte, e poi con gli Spilli ci sono un po’ di progetti vari, speriamo di riuscire a metterli in pratica.»

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