(Meno) 2 settimane

La primavera scorsa, prima della MCM, in questo periodo non stavo più nella pelle. Non vedevo l’ora di arrivare a Rho Fiera e percorrere tutti i 42,195km che mi separavano dall’arrivo al Foro Bonaparte.

Ora, con la Turin Marathon alle porte, non provo minimamente nessuna emozione.

Qualcosa c’è, ma è un misto di rassegnazione e preoccupazione.

Due settimane. Oramai è arrivata l’ora di tirare i remi in barca. Ciò che è fatto è fatto.

Sinceramente, è proprio questo che mi preoccupa. Non sono mai riuscito ad andare oltre i 30 km, per problemi vari, fisici e mentali. Ripetute più lente, meno rigidità alimentare, qualche svago in più, gambe che fanno spesso male, fatica nel recupero. Per come sono fatto, queste sono tutte cose che mi rimangono dentro e non mi permettono di guardare con positività e serenità verso il 17 novembre.

Due settimane. Qualcosa meno. Torino non l’ho mai vista. Ma non voglio andare a fare una scampagnata. I chilometri fatti fino qui vanno onorati.

Di una cosa sono certo però: la voglia di soffrire, tanto o poco che sarà, non manca. E’ spero non venga mai meno.

“Ho visto grandi vincitori, persone che si sono superate e che hanno passato il traguardo piangendo, senza forze, ma non solo per la spossatezza fisica, bensì soprattutto per essere riusciti a realizzare ciò che in fondo era solo il frutto dei loro sogni. Ho visto persone che, dopo aver tagliato il traguardo dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc, si sedevano per terra e restavano sedute per ore con lo sguardo perso, con il sorriso più grande dentro di sé, ancora incredule per ciò che avevano appena fatto, sapendo che svegliandosi avrebbero potuto dirsi di essere riuscite, di aver vinto tutti i timori e di aver realizzato i loro sogni. Ho visto persone che, pur essendo arrivate quando i primi hanno già avuto tempo di fare la doccia, di pranzare e forse di fare persino un bel pisolino, si sentono vincitrici e non cambierebbero ciò che provano per nessun’altra cosa. E le invidio,perchè, in fin dei conti, non corriamo per questo? Per sapere che siamo capaci di sconfiggere le nostre paure, e che il nastro che tagliamo all’arrivo non è tenuto dalle hostess, ma si trova là dove volano i nostri sogni? La vittoria non consiste nell’essere capaci di spingere il nostro corpo e la nostra mente al limite per scoprire che quei limiti ce ne hanno fatti conoscere altri ancora? E portare avanti, pian piano, i nostri sogni?” (Correre o morire, Kilian Jornet i Burgada, atleta fuoriclasse dell’endurance).

Kilian Jornet, classe 1987. Contagioso!

Kilian Jornet, classe 1987. Contagioso!

Con un karma così, come si fa almeno a non provarci?

L.

Intervista schizofrenica

Avvertenza:
Checché ne possa dire, correre può fare male, non è per tutti. Correre continuamente può creare una dipendenza, si inizia a parlare solo di quello; si organizza la giornata, le settimane, i mesi, le vacanze in base a quello. E poi si può arrivare ad una fase schizofrenica, in cui ci si ritrova a scrivere una finta intervista, in cui si gioca a fare l’intervistatore e l’intervistato, solo per parlare di corsa in un modo differente. Ecco, in questo momento io mi ritrovo in questa situazione! Chiedetevi se vale la pena cominciare per finire così…

Prima della partenza

Prima della partenza

 

Uno dei più bei meme riguardanti la corsa dice che c’è un modo facilissimo per riconoscere chi ha corso una maratona, basterà farlo parlare e sarà lui a dirtelo, senza nessuna domanda particolare. Prepararmi per quest’intervista con Cek non è stato difficile, sapevo che mi avrebbe raccontato senza fatica la sua esperienza alla MCM, del resto dopo aver corso 42km e 195 metri cosa sarà rispondere a qualche domanda?

Il tuo obiettivo prima della gara era correre la MCM in 3h08′, è andato tutto come previsto quindi?
«
Non poteva andare meglio di così, è stato il coronamento dei mesi di lavoro. Dopo Firenze cercavo una rivincita, ora posso dire veramente che la lezione di novembre è stata recepita. Non potevo permettermi di sbagliare ancora l’approccio con la gara, di certo non dopo questi mesi di ottima preparazione.»
Ci hai dato dentro da Dicembre, vero?
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Beh, l’ho detto che avevo qualcosa da farmi perdonare, il 2012 era stato difficile dal punto di vista podistico. Avevo visto letteralmente la gente sfrecciarmi davanti mentre io con i crampi e una fatica indicibile mi trascinavo verso il traguardo, e questo per ben 7 chilometri. Ho ancora davanti agli occhi la scena di una ragazza tra il pubblico che incita noi corridori e io che sconsolato la guardo e le faccio capire che proprio non ne ho più, c’è del romanticismo in tutto questo, ma è molto meglio quando le gambe rispondono alla spinta del pubblico. Comunque tra Firenze e Milano nel mio percorso ci sono più o meno 900km.»
Non solo quelli però.
«
Ah certo, c’è anche qualche PB. Anzi da gennaio mi sono migliorato in tutte le distanze, nei 5000, nei 10000, nella mezza maratona, mancava giusto la distanza regina e Milano era l’occasione giusta. Io poi non la consideravo la mia scelta per il periodo primaverile, a dicembre mi ero iscritto a Madrid (si corre il 28 aprile, ndA), e inizialmente la preparazione era incentrata su quella. Milano si è presentata quasi casualmente, Lello aveva deciso di correrla e io pensavo di prenderla come opportunità per un lungo in vista di fine aprile. Poi i continui risultati, la voglia di correre che mi pervadeva e la spinta di Lello e Zaffo hanno fatto il resto, la MCM era diventata un’occasione ghiottissima per puntare al PB sulla maratona.
3h08’34”, un miglioramento di 20 minuti rispetto a Firenze e di 18 rispetto alla Lago Maggiore Marathon del 2011.
«
Una bella soddisfazione. E nei due giorni seguenti la felicità per il risultato si faceva più consapevole, non lo credevo possibile fino a poche settimane fa, pensavo di avere le potenzialità al massimo per correre i 42 km in 3h12′, non di più. Poi però una volta corso il lungo di 32 km da solo ad una media di 4’28″/km, avevo capito che la barriera si era spostata un po’ più in là, per questo mi ero prefissato i 188 minuti di tempo di percorrenza. Tutto come previsto appunto.»
Hai qualche ricordo particolare della gara?
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Ovviamente mi è capitato di ripensarci, di rivivere alcuni momenti lungo il percorso. Da interista, anche se ultimamente un po’ più all’acqua di rose, è stato particolarmente divertente incrociare nei pressi di San Siro Rodrigo Palacio, che incappucciato nella sua felpa grigia osservava, a dire il vero senza troppo entusiasmo, il passaggio di noi corridori. Poi ricordo alcuni compagni di viaggio, tre ragazzi con la divisa della Virtus Cesena che avevano come obiettivo di correre in 3h09′, con loro ho condiviso parte dei km a metà gara, e li ho rivisti soddisfatti a fine gara. E poi sempre intorno al 20° km un corridore che risponde al cellulare e si mette a parlare dicendo che sta seguendo il treno delle 3 ore e 10; io tra me e me pensavo che se corro così tanto è per non avere la schiavitù telefonica e per estraniarmi un po’, questione di punti di vista.
Poi le facce note lungo la strada, Tommi, Gio e Ale nei pressi della Centrale, Carlo qualche metro più avanti, gli staffettisti lodigiani che aspettavano il loro turno, Silvia di MLFM al 32° km. E gli spilli e le spille volontarie all’arrivo, è stato bello gioire con loro, abbracciare Sam che mi copriva con la carta di alluminio, Alessia che mi mette la medaglia al collo e Roberto e Monia con cui festeggiare.»
A Milano hai corso la tua terza maratona. Si può dire che ora hai una discreta conoscenza della distanza?
«
Non penso si possa mai dire di conoscere la maratona. Prima di correre la prima ad Arona pensavo che una volta corsa una maratona le altre sarebbero state tutte in discesa, credevo che bastasse il primo vero approccio per conoscere i 42 km. E in fin dei conti la prima volta è stata eccezionale, come meglio non si poteva sperare. C’era la tensione, la gioia durante i primi km, la fatica che compare gradualmente per raggiungere il suo apice dopo il 36° km e poi l’esplosione di emozioni nell’ultimo km, qualcosa che mi ha lasciato senza fiato, una felicità che faccio fatica a paragonare con altre sensazioni vissute. Ecco, questa è la prima maratona, alla seconda la tensione è stata inferiore, c’è stata più spavalderia e tutto mi si è ritorto contro. Quindi si può già dire che ogni volta è una storia nuova e bisogna affrontarla con rispetto. Cosa che ho fatto a Milano, insieme alla consapevolezza che bisogna darsi da fare per conquistare le grazie di questa gara. I primi 30 km mi hanno affascinato, sono stati inebrianti, poi è iniziato il momento in cui serviva più impegno per far funzionare il rapporto e dal 36° avrei smesso ad ogni passo, i km si facevano immensamente più lunghi. Questa è stata la maratona per me, la correrei ancora solo per quei 6 km, in quel momento contavano solo me stesso e la mia fatica. Superare quei 6 km mi ha permesso di essere accarezzato dalla felicità.»

All'arrivo in piazza Castello

All’arrivo in piazza Castello

Progetti futuri?
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Andare a correre a Madrid, il tempo non è importante, voglio godermi la città, le crocchette di baccalà a Casa Labra, l’hamburguesa de Domingo, cerveza e churros. Poi continuare con le mezze maratone, siamo a 4 nel 2013, e me ne mancano 9 per centrare il mio obiettivo di 13. Mi piacerebbe partecipare a qualche missione con i Podisti da Marte, e poi con gli Spilli ci sono un po’ di progetti vari, speriamo di riuscire a metterli in pratica.»

MCM 2013 (Lello’s Run)

“L’ultima, stop, per quest’anno non ne voglio più sapere!”

Fosse così, sarebbe anche legittimo. Mesi di allenamento, pioggia, neve, vento, freddo, sveglie alle 5 del mattino, pista alle 21 di sera, medi di 35’ a 3’49”, ripetute, 3×4000, lunghi. La testa che non va più, le gambe che si ribellano, dolori ovunque, ansia, tensione.

Sabato mattina, ore 7.18; torno mestamente a casa. Zoppico, coda tra le gambe, muso lungo, non parlo con nessuno.  Il  piede destro fa le bizze, si ribella. E’ finita, penso. 18’, 3 km. 4 mesi buttati, per tutta la giornata evito di parlare, mi confido solo con pochi, non dico niente a nessuno. Non lo dico a Michele, per non rovinare il suo entusiasmo; lo dico a Elena e a Zaffo, che mi dicono di stare tranquillo. Io tranquillo lo sono, ma perché oramai sono rassegnato. Parto e male che vada mi ritiro. E in autunno mi iscrivo a Torino…

Domenica mattina, sveglia ore 5. Treno ore 6.23. Metro e arrivo a Rho. Pioggerellina e freddo. Nuvole minacciose. Ci cambiamo sotto il parcheggio della Fiera. Mi piace l’ambiente, anche se ce lo godiamo poco. Ci cambiamo, qualche foto, portiamo la borsa e facciamo riscaldamento. Tutto nella speranza che possa servire a qualcosa. Non ho fiducia, sono pessimista; il riscaldamento lo salto, quasi. Entriamo nella gabbia presto. Sale la tensione, sale la fiducia. Comunque vada, sarà un successo; di certo, non mollo. Sono qui, me la gioco fino in fondo.

Prima della partenza

Prima della partenza (Grazie a Podisti.net per la foto)

Via. 3’57” il primo chilometro. Tallono i pacer delle tre ore. Incredibile, sto bene. Molto bene, mi sembra di andare facile, con il freno a mano tirato, non voglio esagerare, è lunga. I km scorrono veloci. Senza accorgermene quasi, lascio la compagnia delle 3 ore e faccio gruppetto davanti. Mi sento bene, sempre in controllo. Mi ripeto di non strafare, è lunga. E poi siamo solo in periferia, ancora deve arrivare la vera Milano, i palazzi, il pubblico, i lastroni e i binari del tram. La compagnia del gruppetto è ottima, si ride e si scherza. Non sarà così per sempre, immagino. Arriviamo in Milano, si inizia a sentire il pubblico.

Corso Sempione, 20° Km

Corso Sempione, 20° Km

Passo alle mezza in 1:29’. Perfetto, sto da Dio, il piede sta li buono buono, nessun dolore o allarme. Oramai manca poco e sarò al 24° km, dove mi attendono Tommi, Gio e Ale. Non so come, ma allungo. Quasi senza accorgermene, me ne vado, in progressione. Prendo i gel da Tommi, che puntualmente perdo (grazie al cielo percorriamo avanti ed indietro Via Pisani!).

“http://www.facebook.com/video/embed?video_id=10200583843585854”

Si sente il vento, ma supero i Bastioni di Porta Venezia di slancio, passo Viale Bianca Maria e torno indietro come se nulla fosse. Mi fa compagnia una donna, che tutti incitano. Le dico di starmi dietro, al coperto dal vento. Finché ne ha, mi segue. Arriviamo in Piazza San Babila, raggiungo tanta gente. Qualcuno già inizia a pagare la partenza lanciata. Beato me, che ho già 4 maratone alle spalle e un pochino di esperienza. Sono ancora in spinta, passo Piazza del Duomo e Piazza della Scala. Recupero ancora posizioni. Il passo segnato dal GPS scende da 4’11” a 4’10”. Bene così, finché ne ho, devo spingere. Per soffrire c’è ancora tempo. La parte dura comincia ora.

30° km: sto ancora bene, rapidamente faccio il punto della situazione. Sono solo, mi porto appresso un omino piccolino; mi è sempre attaccato, non si scrolla di dosso. Mi tocca anche dentro con i piedi, rischiando di farmi inciampare. Non so come insultarlo, da quello che ho capito non è italiano. Ma già me lo immagino superarmi al traguardo, dopo che ho tirato tutto il tempo e l’ho coperto dal vento.

32° km: in teoria i nostri supporters dovrebbe essere anche qua. Nulla, non si vedono. No problema, di gel ne ho ancora. Supero Dario, altro noto blogger, piuttosto affaticato, ma non ha nessuna intenzione di mollare. Ci scambiamo un incitamento.

33° km: cambio della staffetta, vedo che si riscalda l’oro olimpico Stefano Baldini. Gli do il cinque. Mi da una bella carica, ma inizio ad accusare un pochino la fatica. L’omino, la mia ombra, mi è sempre alle calcagna. Sempre incollato.

38°:Il vento fa cadere una transenna proprio quando passo io. La evito con difficoltà e vado avanti. Tempo qualche metro e il mio amico tallonatore mi supera. Mi dice di seguirlo. Mannaggia a te, se avessi ancora qualcosa in corpo te la farai vedere io…

39° e 40°: Eccolo, Corso Sempione. Fatto al 20° più essere fastidioso e noioso,ma con freschezza lo superi; al 40° vorresti morire. Butto giù la testa, penso alla fatica, a tutti i km fatti in questi mesi di allenamento, al freddo patito alla Stramilano, alla neve e ai geloni alle mani ed ai piedi di Busseto. Fatico incredibilmente, ma ci sono. Resisto.

41° e 42°: Ci siamo. Aggiriamo Parco Sempione, rettilineo e curva a destra. Manca un niente. Spingo fino ai crampi. Sono sotto (e cotto!), e anche alla grande. Manca un niente, una curva, pochi metri.

Ultimissimi metri!

Ultimissimi metri!

200, 150, 100, 50…42.195°: 2:58’14”! O in Real time, 2:58’ puliti. Se non fosse che sto per svenire, tutto bene! Mi rendo conto di aver fatto una cosa incredibile! Un sacco di pensieri per la testa; i sacrifici, la dieta, le rinunce, le levatacce e il letto alle 22. Sono serviti a qualcosa, dal primo all’ultimo.

Sfinito!

Sfinito! (Grazie ad Andòcorri per la foto)

Samuele, Roberto e Alessia mi festeggiano. Non vedo l’ora di stendermi. Mi tolgo le scarpe. Mi commuovo, mi lascio andare, non mi interessa. E’ il mio momento, l’ho atteso. Diversamente da Firenze, dove sinceramente non sapevo cosa aspettarmi, qua avevo un solo obiettivo, infrangere il muro delle 3 ore. Ci sono riuscito, e al primo tentativo. Non voglio più correre maratone, se ne riparlerà l’anno prossimo, forse. Solo mezze e 10 km.

Arriva Michele, soddisfatto. E te credo! Mi rivedo in lui, la sua storia assomiglia alla mia in novembre.

Arriva anche Tommi, che forse soffre più di noi lo stop forzato causa infortunio. Non so quanto vorrebbe essere al nostro posto…

Stupendo, meraviglioso. Passa la stanchezza. Sono un po’ più lucido. Non ci sto più dentro! Chiamo Elena, che per prudenza ho lasciato a casa. Fallire sotto i suoi occhi non sarebbe stato il massimo.

Doloranti ma soddisfatti!

Doloranti ma soddisfatti!

A casa tutti conoscono già il mio risultato. in famiglia già conoscevano il mio risultato. Chiamo mio cugino, anche lui già a conoscenza. Per una volta non mi dice che sono stato scarso! Ma è già pronto a sfidarmi ed a sopravanzarmi nella Maxi classifica.

Arrosto (con birra Stelvio, finalmente).Divano, Roubaix ( Cancellara invincibile), gelato, aperitivo, pizza. Tutto quanto meritato. Tutto con la medaglia al collo.

Maratoneti Hipster

Maratoneti Hipster

Milano mi ha regalato la più bella giornata sportiva della mia vita. Tempo ideale, percorso veloce e divertente. Tanta gente a fare il tifo. Tanti colori, amici sulle strade, calore. L’arrivo in Piazza Castello, tra due ali di folla. Le lacrime, la fatica, il sudore.

Grazie a tutti, di cuore. A chi mi ha sopportato, e che tante volte si è sentita dire “no, devo correre” oppure “sono stanco, andiamo a casa”; a chi mi ha sostenuto, e sempre mi ha spinto a dare di più. A chi si è allenato sempre con me, quasi in simbiosi, aiutandoci a vicenda a non mollare; a chi non c’è più, ma che porto tatuato sulla pelle sempre di fianco a me; a chi in questi periodo ho trascurato, ma che so che sotto sotto non si è mai sentito in disparte; a chi ha creduto in me, più di quanto possa aver fatto io.

Dedica speciale alla Decafamily Pieve Fissiraga, che mi ha regalato un  lunedì mattina da leone! Siete speciali!

Decafamily sempre presente!

Decafamily sempre presente!

“L’ultima, stop, per quest’anno non ne voglio più sapere!” . Troppa fatica nel scendere e salire la scale. Ma quella passa, e la voglia di migliorarsi resta. Inizio a pensare dove posso limare i secondi. Dicono che Torino sia veloce…

L.

Positive Tension

Ho un libro aperto davanti, i Depeche Mode che suonano su iTunes (Delta Machine mi piace, stranamente…).

Dovrei studiare. Ovviamente, non lo faccio. Mangio di tutto e di più.

La testa è da un’altra parte, su un altro tipo di competizione. Almeno a una quarantina di chilometri di distanza da qua.

Ultimi allenamento, rifinitura. I chilometri fatti pesano tutti, più che fatica fisica, sono sforzi mentale non indifferente. Pioggia, vento, freddo, non mollano nulla. Si soffre, alla grande. Ogni chilometro è come se fosse l’ultimo della grande fatica.

Non vedo l’ora di scendere dalla metropolitana, fermata Rho Fiera, ore 7.30, domenica 7 Aprile 2013.

Il countdown segna 9 giorni,15 ore, 25 minuti e altrettanti secondi.

Manca poco, o forse troppo. Ho giusto il tempo di guardami ancora 76 volte questo video.

Tutte le volte mi commuovo, non scherzo.

La tensione fa brutti scherzi. Ma almeno mi tiene teso, e carico: quel che basta per sentirmi sempre vivo!

L.