We run Milano together

Se avete letto Open, l’autobiografia di Andre Agassi, forse ricorderete che si diceva, in uno dei primi capitoli, di come il tennis fosse lo sport più solitario, forse più autistico che ci fosse. Si gioca da soli, contro un avversario con cui non ci può essere uno scambio diretto senza racchetta, un contatto fisico e manchi del tutto la vicinanza con qualcuno che possa alleggerire i momenti più duri, le tensioni. E’ pure vietato il coaching nel tennis nei tornei del Grande Slam, dal tuo angolo non possono giungere suggerimenti su come variare strategia e quindi il tennista professionista si trova solo, contro un avversario, sotto gli occhi di un arbitro e di molti giudici di linea, oltre che degli spettatori.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche la corsa sia uno sport solitario, e diciamo che lo è in buona parte. Ci si può allenare da soli, e a volte quasi conviene pure farlo, in gara ognuno ha i suoi obiettivi, che spesso non riguardano la classifica finale, ma il tempo segnato sul proprio orologio o su quello presente in alcune gare nei pressi dell’arrivo. Però il contatto fisico c’è, corri spalla a spalla con altri come te, condividi con loro lo stesso spazio fisico anche se della maggior parte di loro non saprai nulla dopo, e non sapevi nulla prima.
Oppure, puoi decidere dopo qualche anno di gara (o anche meno eh, sia chiaro…) di provare ad essere colui che spinge qualcuno verso un proprio limite. Qualcuno di cui prima non sapevi nemmeno l’esistenza, e dopo probabilmente non vedrai mai più.

Black Pacer

Black Pacer

Oggi, su suggerimento di Stefano (ultimogenito del Sarzanas Running Team), ho avuto l’onore e un poco di onere di fare il pacer alla DeejayTen, con la perfetta organizzazione del Nike Run Club Milano. Certo, ci hanno stuzzicato ben bene loro, offrendoci già il sabato una maglietta ben griffata, un paio di shorts da 2″, merce spesso rara e da me molto apprezzata. Con la ciliegina sulla torta, la domenica di un paio di scarpe tutte nostre… non credevo, o forse non volevo credere che ce le lasciassero, ma per il disturbo inesistente di dover incitare e portare verso il limite tutti i partecipanti della corsa organizzata da Linus, questo “pacco gara” può dirsi uno dei più ricchi che io abbia mai avuto modo di ricevere. Per una volta sembra che la corsa economicamente mi abbia dato più di quello che io ho dato a lei.

Uno strappo alla regola #nolegsie solo per mostrare le mie scarpe nuove. E gratis!

Uno strappo alla regola #nolegsie solo per mostrare le mie scarpe nuove. E gratis!

E non bastasse questo, nel mio ruolo di pacer dei 50′ della seconda ondata di partecipanti, ho avuto modo di portare con me qualche corridore per buona parte del percorso, un percorso e una gara comunque difficile per chi puntasse a migliorarsi. Strade strette a volte, moltissima gente da superare, un primo km corso più vicino ai 6’/km che ai 5′ previsti. Mi sono autoconferito il ruolo di scopa del mio gruppo di pacer, sono stato più indietro rispetto agli altri bravi corridori in maglia nera come me, e negli ultimi 3 km ho incontrato nuovamente un corridore con cui avevo scambiato qualche parola sulla linea di partenza. Il pettorale personalizzato diceva “Ing Maverick”, e con lui e un altro siamo stati assieme, cercando di recuperare il più possibile sul piccolo ritardo che avevamo. Sono stati 3 km lunghi per lui, lo immagino, ho mentito un po’ con lui, gli dicevo che andavamo un po’ più lenti del passo a cui in realtà stavamo andando, qualche piccola bugia sulle distanze mancanti, ma erano a fin di bene. L’ho lasciato a 10m dal traguardo quando il mio gps segnava 49’57”, un ottimo risultato in generale e ancora migliore per come eravamo partiti.
Non sapevo nulla di lui prima, però internet ti permette di recuperare informazioni da qualche piccolo indizio, e posso dire con sicurezza che la soddisfazione che ho avuto quando ho letto il suo risultato nella classifica finale è stata grande quanto la sua. All’inizio mi aveva detto che aveva corso altri 10km in 52’… oggi ha chiuso la DeejayTen in 49’59”!!!!
Cosa può esserci di più bello di portare qualcun altro a ottenere il suo risultato? In fondo il suo risultato è anche il mio, prima volta da pacer e me la sono cavata bene.

E poi ci sono tutti i Runlovers di Facebook, qualcuno l’ho incontrato, qualcuno purtroppo no e ci avrei tenuto a lasciar loro la spilla che gli avevo promesso, anche come regalo di compleanno. Ma qualcun altro di loro mi ha riconosciuto e mi ha chiamato, non sono abituato a tutta questa celebrità!
E poi finalmente, ho visto Valeria con la sua bellissima pacer degli ultimi metri di gara, scambiato due parole con Dario e Chiara, su Berlino, Valencia e Milano 2016 e ho condiviso con i colleghi pacer un pranzo, la soddisfazione della giornata, anche se ho scoperto pure poi che qualcuno lo seguo pure su Instagram e qualcun altro invece non sono riuscito a riconoscerlo.

Ecco, nonostante le polemiche dell’anno scorso, e qualcuna di quest’anno, credo che questo sia lo spirito da Deejay Ten, non la ricerca di una competizione, non una gara, ma un modo per vivere una giornata di corsa, una comunione di persone che condividono qualcosa. Se anche è durato solo oggi, per molti il ricordo rimarrà a lungo.

L'onda pacer

L’onda pacer

Monday Like a Hurricane

Il  Monday Night comincia ad essere un appuntamento necessario nella vita di ogni Spillo che si rispetti e, modestamente, fino ad ora posso affermare di essere “lo Spillo più titolato al Mondo” (insieme al Biscio).

Il ritrovo è sempre lo stesso: 21:30 via Lodivecchio. Ovviamente al lunedì.

La formazione composta da me, Zaffo, Joe, Biscio, Lello e Michi, supportata dall’icosatleta Mattia ed il nostro direttore della fotografia Gigi -in bicicletta- è radunata. Assenti giustificati: Tommi (lavoro), Alan (concerto) e Bako (in vacanza con la famigghia).

Non ci resta che correre.

A differenza del lunedì precedente, tutti (tranne me, Zaffo e Joe) hanno indossato la gloriosa canotta verde degli Spilli.

Scelta non casuale, viste le recenti polemiche sullo sponsor tecnico Mizuno: le canotte si impregnano di sudore e si appiccicano sulla pancia, rischiando un effetto “Milano Fit Marathon”…

Il Presidente del Modena (e mancato Presidente della Repubblica con ben 2 voti) Antonio Caliendo e la sua camicia. Evidentemente era della Mizuno.

Il Presidente del Modena (e mancato Presidente della Repubblica con ben 2 voti) Antonio Caliendo e la sua camicia. Evidentemente era della Mizuno.

Via san Bassiano ed il centro vengono percorse senza particolari problemi. I bambini -“spillini”- e le bambine -“puntine” (cit. Guzzy)-  si divertono ad inseguirci per brevi tratti.

Superiamo il ponte e, come al solito, allarghiamo il giro per via Piave, via Carloni e Via del Contarico.

In via del Contarico incontriamo uno scorpione. Non sto scherzando! Che diavolo ci faceva lì? La fauna lodigiana è impazzita? Una trovata pubblicitaria della Nike? Una goliardata degli Scorpions, di passaggio dopo una data del tour?

A proposito, suonano ancora?

Sopravvisuti allo shock, continuiamo la nostra corsa passando dentro al Wellington, dove Michi recupera una bottiglietta d’acqua, e si corre verso il GP della Montagna (Via Secondo Cremonesi) dedicato all’eroico Alan, questa sera assente.

Belli carichi, dopo la salita passiamo dal Calicantus, dove ormai siamo conosciuti e spesso veniamo accolti calorosamente e proseguiamo verso il punto di partenza.

Al termine, il GPS segnava 9.1 Km in 48:38”. Una tranquilla sgambata in compagnia.

Una tranquilla sgambata in compagnia.

Una tranquilla sgambata in compagnia.

Vi lascio con quei begli uomini degli Scorpions.

Non è un altro post sulla corsa (o per lo meno non solo su quella)

Nonostante oramai manchi solo un giorno alla Milano City Marathon, questo post non parlerà principalmente della preparazione, delle speranze, delle tensioni per la gara di Domenica e probabilmente non tratterà solo di running. E’ semplicemente una riflessione sulla corsa, sullo sport, sul tempo che passa, sull’adolescenza forse, o sono solo poche righe di psicologia spiccia; quella accademica è stato un traguardo a lungo cercato (più o meno fortemente) e mai raggiunto, tanto per utilizzare una terminologia sportiva.

Prendo spunto da una lettura e dalla mia attività di allenatore di una squadra di basket Under13:

la prima è un articolo letto su RunLovers, in cui si parla dei pensieri che popolano la mente di un runner durante la fatica. Citando Murakami che affermava di non pensare a niente durante le sue corse, si parla di come la fatica ci faccia riappropiare del nostro corpo, ce lo faccia riconoscere, conoscere nuovamente dopo che ci abituiamo all’idea del nostro stato corporeo. E’ durante lo sforzo che ci accorgiamo dei chili in più, delle parti dolenti che magari sottoutilizziamo, e finalmente spostiamo il nostro pensiero sulle funzioni vitali, sul respirare, sul battito del cuore. Anche questo è un modo per liberarci dei pensieri che ci portiamo dietro, più o meno importanti, ma spesso non vitali.
Quando avevo appena iniziato a correre con un certo costrutto mi capitava di uscire munito di iPod e cuffie, e spesso mi lasciavo sopraffare dal ritmo dei pezzi che si susseguivano casualmente, per arrivare ad un punto in cui il mio fisico ancora poco allenato non poteva più seguire quel ritmo. Una volta quando ero particolarmente cotto, ricordo che era il periodo estivo, a poco più di un km da casa mia decisi di togliere le cuffie, spegnere l’iPod, perchè quello era l’unico modo per completare l’allenamento. Il sentire la pesantezza dei miei passi, il mio respiro, e solo questi, mi avevano restituito le forze per terminare, o per meglio dire mi avevano permesso di ricercare e sfruttare forze che ancora avevo. La musica le stava inibendo e da quel giorno ogni volta che esco a correre è il suono di ciò che mi circonda che fa da colonna sonora.
In questo modo il sintonizzarsi sulle mie sensazioni interne mi permette anche di pensare alle cose che ritengo veramente importanti e di creare una faticosa lucidità.

Mi piace correre anche perchè in quei momenti ci si libera di una delle maggiori schiavitù volontarie di questi tempi: la continua connessione, la dipendenza dagli smartphone, da whatsapp.
Nelle ore di corsa sei tu, irraggiungibile, libero e in quei momenti tu sei il mondo intero e il resto può andare avanti anche senza di te, lo dice bene il monologo finale di Memento: “Devo convincermi che, anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci… allora sono convinto o no che il mondo continua ad esserci? …c’è ancora? …sì.”
Il mondo c’è ancora, è sotto i tuoi occhi mentre corri, ma sei finalmente disconnesso positivamente, puoi goderti la tua compagnia, e personalmente se c’è una cosa che negli anni io ho imparato ad apprezzare, quella è anche lo stare in tranquillità con me stesso.

L’abbandono del cellulare, di internet, si collega al secondo spunto, al paragone che interiormente facevo oggi durante gli allenamenti dei ragazzi, tra loro, adolescenti nel 2013 ed io, ragazzino che giocava a basket, fresco adolescente nel 1991. Vedevo le differenze di comportamento nei confronti dei miei compagni di squadra, dell’allenatore, il modo in cui l’insieme, la squadra si rapporta all’autorità del coach e l’esempio che mi si pone davanti adesso è sicuramente deficitario rispetto a quando ero io dall’altra parte della barricata. Noi ascoltavamo quello che ci veniva detto, cercavamo di mettere in pratica quello che ci veniva richiesto, ognuno a modo suo, con i nostri pregi, i nostri difetti, ma cercando sempre di migliorare, cosa che adesso non vedo nella squadra che mi ritrovo ad allenare. Sicuramente dipende anche dalle minori mie capacità rispetto agli allenatori che ho avuto nella mia carriera cestistica, ma le mancanze sono anche da parte dei ragazzi che hanno un livello di attenzione assolutamente inferiore e insufficiente per poter recepire quegli insegnamenti necessari a migliorare. E quello che meno aiuta, e che anzi vedo in parte colpevole di questa minore capacità di concentrazione è dato dal continuo pensiero al telefono cellulare portato in palestra o lasciato in spogliatoio, a quella continua connessione da cui un adolescente fa ancora più fatica a liberarsi. Ad una mia domanda oggi i ragazzi mi hanno detto che dedicano almeno 2/3 ore ad internet, al giocare al computer, alle varie console, lungi da me colpevolizzare cose che anch’io utilizzo massicciamente, ma se queste portano ad annullare le attività reali, all’aperto il problema si pone realmente.
Liberarsi da certe connessioni, dedicare tempo ad altro diventa a mio avviso indispensabile.
Per qualcuno sarà la corsa, per qualcun altro una passeggiata, una biciclettata, la lettura di un libro, qualsiasi cosa, basta che sia fatta.

M.

P.S.: E’ ora di riposare, per domenica l’obiettivo è ambizioso, serviranno energie!