Confesso: tra i motivi per cui 18 mesi fa sono uscita di casa e ho corso c’era anche questo blog.
Leggere continuamente di km macinati, tempi da rispettare, allenamenti da fare creava inspiegabilmente in me invidia per gli spilli e per tutto questo mondo della corsa che sembrava proprio fighissimo.
Beh, i primi km non sono stati proprio fighissimi.
E neanche i secondi o i terzi.
Partendo da una base di nulla e prigrizia totali mi ritrovo un anno dopo a svegliarmi la domenica mattina alle 6 (alle 5, col passaggio all’ora legale!!), per andare a gelare all’ombra del duomo di Milano per più di un’ora, e non per aspettare un’ottima e calda colazione, ma per correre 10 km…10 km!?!
Ma ragazzi, alla fine di quei 10 km, corsi in solitaria dopo una settimana in cui non ero mai uscita neanche per fare una sgambata di 5 km ( mancanza di tempo, ma soprattutto di voglia e motivazione), guardare il tuo Garmin e leggere 56 minuti…beh…è gioia allo stato puro (quasi come trovare nel pacco gara, e alla fine della corsa, i biscotti da mangiare).
Di corsa non sono ancora molto esperta, comincio ora a prendere confidenza con alcuni termini, tipo fartlek, con il quale, a pensarci, avrei preferito non avere alcun rapporto.
Il mondo dell’arte contemporanea mi è più familiare e per questo quando penso alla corsa mi viene mente un artista più che uno sportivo.
L’artista in questione è Roman Opalka, che nel 1965 inizia a scrivere il numero 1 su una tela e continua per i successivi 46 anni a scrivere i numeri consecutivamente, fino al 5,607,249, ultimo numero che è riuscito a scrivere.
Io mi sento una Roman Opalka della corsa: sono partita da piccoli numeri, passando al voler correre 5 km in meno di mezz’ora, e sono arrivata a correre i 10 km in 56′ (una volta anche 55′) e non pensavo l’avrei mai detto, ma ne vorrei scrivere ancora di km.